«Il neo-norvegese musicale di Jon Fosse» (Il sole 24 ORE)

Alberto Fraccacreta, «Il sole 24 ORE», 5 ottobre 2023

Lo scrittore di Haugesund ha vinto il premio Nobel per la Letteratura 2023 per la «sua immensa opera scritta»

Premiato per «la drammaturgia e la prosa innovativa che danno voce a ciò che non si può dire».
Lo scrittore norvegese Jon Fosse ha vinto il premio Nobel per la Letteratura 2023 per la «sua immensa opera scritta in neo-norvegese, che abbraccia una varietà di generi – prosegue l’Accademia svedese nella motivazione – ed è costituita da una vasta gamma di opere teatrali, romanzi, raccolte di poesie, saggi, libri per bambini e traduzioni.
Sebbene oggi sia uno dei drammaturghi più rappresentati al mondo, è diventato sempre più riconosciuto anche per la sua prosa».

Nel 2003 Fosse era stato nominato Cavaliere dell’Ordine nazionale al merito di Francia e nel 2015 aveva già ricevuto il Nordic Council’s Literature Prize, riservato ai migliori autori di origine scandinava.

Anche giornalista e consulente letterario

Scrittore a tempo pieno, Fosse ha anche lavorato come giornalista, consulente letterario e docente alla Writing Arts Academy di Hordaland.
Una notizia che, per una volta, non lascia di stucco i bookmakers, perché proprio alla vigilia lo avevano annunciato tra i possibili vincitori assieme alla scrittrice cinese Can Xue, al keniota Ngugi Wa Thiong’o e all’australiano Gerard Murnane.

Dopo che l’anno scorso aveva trionfato la francese Annie Ernaux, nel 2023 l’Accademia gioca, quindi, in casa: nato nel 1959 a Haugesund, una cittadina affacciata sul Mare del Nord, cresciuto in una piccola fattoria a Strandebarm, Fosse vive dal 2011 nella residenza onoraria di Grotten, a Oslo, concessagli dal Re per i suoi meriti letterari.
Trascorre parte del suo tempo in Austria, con la sua seconda moglie, di origine slovacca.
Segnato da un grave incidente occorso all’età di sette anni, Jon Fosse si iscrive all’Università di Bergen, dove si specializza in comparatistica.

Al 1983 risale il suo romanzo d’esordio, Raudt, Svart (Rosso, nero); già qui troviamo gli elementi peculiari della sua poetica: ripetizioni ipnotiche, monologhi interiori e uno stile altamente musicale, suggestivo. Dopo la pubblicazione di poesie e libri per bambini, nel 1989 si ha un’importante svolta con il romanzo Naustet (Rimessa per barche), rivolto germinalmente alla visionarietà della produzione più matura.
La prima opera teatrale è del 1992, Og aldri skal vi skiljast (E non saremo mai separati), messa in scena nel 1994.
Da questo momento in poi – con un ritmo di scrittura a dir poco furioso – Fosse si fa conoscere a livello internazionale grazie alle sue pièces, rappresentate in tutta Europa.
In Italia è edito con Editoria e Spettacolo nel 2006 il Teatro (a cura di Rodolfo Di Giammarco).
Tocca poi nel 2009 a Melancholia (traduzione e postfazione di Cristina Falcinella, Fandango), un dittico di monologhi dedicati al pittore Lars Hertervig e alla luce che illumina le sue tele.
Assai suggestivi – e testimoni dell’impulso poligrafico di Fosse – sono i Saggi gnostici (a cura di Franco Perrelli, Cue Press 2018), in cui emerge l’intimismo, il misticismo e lo spessore teologico dell’autore norvegese che nel 2012 si è convertito al cattolicesimo.
E ancora, Mattino e sera, una novella vigorosa, punteggiata da una lingua calcarea e languente, che gli vale la qualifica di «erede di Ibsen e Beckett» (New York Times).
Ma l’opus magnum è il romanzo-mondo strutturato in sette libri, Settologia, un testo imponente almeno quanto 2666 di Roberto Bolaño.
Per il 10 ottobre è prevista l’uscita della terza parte, Io è un altro, «una riflessione a tutto campo sull’amore, sull’arte e sull’amicizia», scritta in una prosa incantata e lirica.
I primi due volumi della Settologia sono stati pubblicati nel 2021, da La nave di Teseo, con il titolo L’altro nome: ancora un’assorta interrogazione sull’esistenza e sulla morte, sulla disperazione e la fede.