Recensione di «Esotici, erotici, psicotici» di Renato Palazzi, di Gigi Giacobbe (Teatro Contemporaneo e Cinema)

Gigi Giacobbe, «Teatro Contemporaneo e Cinema» numero 44 anno XIV, ottobre 2022

Delizioso, divertente, delicato il libro di Renato Palazzi, critico teatrale de Il Sole 24 Ore, scomparso il 7 novembre del 2021, un mese prima di vedere pubblicato questo volume edito da Cue Press, il cui titolo è tratto dal film Esotika, Erotika, Psicotika del regista tedesco Radley Metzger con gli aggettivi posti al plurale.

«In un primo momento – avvisa Palazzi ad inizio libro – avevo pensato di raccogliere e ristampare queste recensioni, uscite sul Corriere della Sera tra il 1974 e il 1978 in una forma quasi privata, per far sorridere gli amici. Poi rileggendole, mi sono reso conto che forse non ci sarebbe troppo da sorriderne». E il perché lo chiarisce lo stesso Palazzi quando dice che, lui pischello, assunto da poco nel maggior quotidiano italiano, non poteva ribellarsi a quel piccolo caudillo responsabile delle pagine degli spettacoli che lo obbligava a recensire film di quart’ordine, perché se c’era un pubblico era giusto scriverne.

Un modo di pensare che equivaleva a sottomettere il sessantottino Renato, a reprimere la sua libertà intellettuale, non pensando che lui era stato assunto per recensire spettacoli teatrali e non film trash, inghiottendo fiele quando alle due del pomeriggio doveva infilarsi al Tonale o al Diamante o in altri cinema di Milano, vergognandosi quasi se qualcuno lo riconosceva e starsene seduto accanto a degli anziani guardoni che andavano in sollucchero. Un’esperienza traumatizzante al punto da non fargli più mettere piede in una sala cinematografica per tanti anni.

«Da bravo cronista – scrive Maurizio Porro in prefazione – Renato non si limitava a recensire in poche righe questi prodotti tutti squallidamente uguali, per cui ogni volta era lo stesso florilegio di aggettivi, ma osservava il contesto, si accorgeva se i clienti fissi passavano in toilette oltre i tempi medi della prostata e se la fila delle poltrone tremava in sensorround anche senza effetti speciali». La scelta dei film recensiti si basa sulla possibilità di catalogarli all’interno di filoni o tendenze del momento. Così nel “Voyeurismo casereccio” incontriamo Il pavone nero, fumettone erotico-turistico avventuroso, La minorenne con Gloria Guida, impegnata a reclamizzare le più svariate marche di biancheria intima, ci viene incontro La soldatessa alla visita militare Edwige Fenech che si porta dietro Il vizio di famiglia, l’ex “baby doll” Carrol Baker dà Lezioni private di musica in una città di provincia, La bolognese è una pellicola che certamente non parla di tortellini e tagliatelle, Martine Brochard è impegnata in Quel movimento che mi piace tanto, L’adolescente è una commedia alla siciliana ricca di corna, fallocrazia e sensi infiammati, Lo stallone tiene fede alla premessa indicata, Ilona Staller appare in Inhibition, Il compromesso erotico è un revival di Don Camillo alle prese con una Peppona di sesso femminile, il regista teatrale Josè Quaglio è protagonista de La verginella e s’avverte in tutte le pellicole una dissacrazione della commedia all’italiana che continua con La dottoressa sotto le lenzuola, sgangherato revival di Amici miei con scherzi cretini da festa della matricola, Sabina Ciuffini, valletta di Mike Bongiorno, esibisce le sue grazie pudiche in Oh, mia bella matrigna, la “strehleriana” Erica Blanc mostra le sue sinuose beltà ne La portiera nuda, La cameriera nera è un film senza trama e senza idee con Femi Benussi e Le calde notti di Caligola non ha niente a che vedere col Caligola di Tinto Brass. Gli altri filoni riguardano western di terza categoria, poliziotteschi strampalati, horror d’accatto e non mancano gli alieni e mostri vari, Bruce Lee e dintorni, pugni e fagioli, coppole e lupare, nazional-popolari, furtive lacrime, effetti collaterali e alcune immagini riprodotte su manifesti colorati. «Film ignobili – scrive Cristina Battocletti in chiusura di libro – in cui Palazzi riusciva comunque a esercitare un’azione civile, perché le sue stroncature mantenevano la professionalità e il pudore della gentilezza di fronte alla spazzatura, senza desistere mai dal fornire con una manciata di parole sferzanti un ragionamento e una serie di collegamenti che probabilmente erano ignoti perfino al regista».