Aristofane: che straordinario maestro. Anche per Goldoni e per Dario Fo. Dalla parodia alla oscenità: purché si ridesse

Andrea Bisicchia, «Lo Spettacoliere», 27 giugno 2022

Sulle pagine di questo giornale, ci siamo interessati di Nel nome di Dioniso di Umberto Albini, dedicato, in particolare, all’analisi dei grandi tragici e delle tecniche spettacolari utilizzate nel V secolo a. C. Sempre di Umberto Albini, l’Editore Cue Press, ha pubblicato Riso alla greca. Aristofane e la fabbrica del comico, in cui l’autore analizza le varie forme di comicità e in che modo veniva declinandosi nelle commedie di Aristofane, evidenziandone tutti gli ingredienti, ovvero lo sberleffo, il qui-pro-quo, lo scambio delle parti, il travestimento, l’oscenità, la parodia, le buffonerie, le clownerie, le pagliacciate, le volgarità, soprattutto, quelle che suscitavano il riso immediato di cui, Aristofane, era un calcolatore perfetto, vero Maestro per il Premio Nobel Dario Fo.

Eppure, Albini sosteneva che, nelle commedie di Aristofane, esistessero anche delle impennate elegiache e delle riflessioni di carattere sociale, oltre che politiche. Insomma, non si rideva per nulla, per il 'non senso', perché quello che lo si poteva classificare come tale, aveva sempre un senso, come dimostreranno, secoli dopo, Ionesco, Campanile, Beckett, perché, in fondo, in tutti i secoli, si ride delle crisi, sia sociali che politiche. Non per nulla, al centro delle commedie aristofanesche, c’è sempre una crisi che può essere di tipo familiare, di tipo economico, di tipo femministico, vedi Lisistrata.

La capacità di Aristofane consisteva nell'analizzare le varie fasi delle crisi che traduceva in situazioni, a volte, farsesche, a volte, grottesche, anche perché, alla fine, il suo interesse principale era quello di appagare il pubblico, grazie anche all’uso di una particolare brillantezza che inseriva nel suo modo di intendere la comicità che affrontava problemi reali, col ricorso alla pura teatralità e ai suoi stilemi.

In Aristofane non ci sono 'caratteri', ma 'tipi', per i caratteri bisogna attendere Menandro, anche l’uso dei servi è ben meditato e perfezionato, tanto da diventare modello per autori come Goldoni, benché non assumessero ruoli di primo piano e non fossero artefici veri di trame ben definite, insomma sono assenti i virtuosi dell’intrigo, come Arlecchino, servitore di due padroni, essendo, semplicemente, dei meccanismi che mettono in moto la macchina del 'riso alla greca', più adatta ad essere ripresa dalla Commedia dell’Arte.

In genere, osserva Albini, i servi si limitavano a creare degli intrighi modesti, delle bricconerie fasulle, perché ciò che veramente interessava ad Aristofane era la vita quotidiana con la sua vivacità. Non è un caso, ricorda Albini, che Dionigi, tiranno di Siracusa, noto per il suo 'Orecchio', fatto costruire nelle Latomie, attraverso il quale voleva conoscere i segreti dei detenuti, non soddisfatto perché voleva anche conoscere quanto accadesse nella sua città, si rivolse a Platone per come fare e il filosofo, come risposta, gli inviò, come modello da seguire, le Opere di Aristofane, dove poteva trovare di tutto.

Un tema che affascina Aristofane e gli autori comici, in genere, è quello del sesso e delle sue turbolenze, basti ricordare la già citata Lisistrata, sia per il linguaggio sboccato che per la volontà di inseguire la risata grassa. L’occhio irriverente del commediografo non trascura nulla, vedi anche gli 'Acarnesi', con i due invertiti ateniesi travestiti da eunuchi persiani, con processioni falloforiche, con espressioni 'proibite', con l’uso di vocaboli grossolani, il tutto per creare una facile intesa tra scena e platea. Altre forme di comicità le individuava nel ricorso alla ‘fame’, basti pensare all’uso che ne farà Arlecchino nel famoso spettacolo di Strehler, ai banchetti che si trasformavano in azioni ad alto tasso di comicità.

Anche gli intellettuali e filosofi diventavano oggetto del riso alla greca, vedi Le Nuvole, dove assistiamo alla caricatura grottesca di Socrate e dove era presa di mira l’arroganza intellettuale e i danni di certa educazione. E vedi ancora in che modo tragediografi come Eschilo ed Euripide vengano parodiati nelle Rane, il tutto per creare situazioni esilaranti che rendevano le azioni spettacolari, alquanto audaci, persino nella ferocia con cui Aristofane utilizzava la comicità, di cui fu il primo, vero Maestro.

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