Estremo e post-moderno: il teatro di Vyrypaev

Diego Vincenti, «Hystrio», ottobre-dicembre 2020.

Libro che nasce da un innamoramento. Quello di Teodoro Bonci del Bene per il teatro (e la scrittura) di Ivan Vyrypaev. Tanto da portarlo di peso in Italia, tradurlo di suo pugno e porlo al centro di un ampio progetto artistico e divulgativo accolto dall’Arboreto di Mondaino. Un cantiere. Dedicato a questo autore idolatrato in patria e seguito con interesse in Francia, Polonia, Germania. Non solo per la sua attività teatrale, visto che l’elenco di opere cinematografiche è generoso e comprende il fortunato Ejforija, presentato a Venezia nel 2006. Innamoramento quindi per nulla bizzarro. Ha parecchi estimatori il quarantaseienne regista siberiano. Italia compresa. Tanto che il professore di orizzonti russi Fausto Malcovati nell’introduzione non teme di definirlo «il più importante autore teatrale russo del ventunesimo secolo. Almeno della prima metà. Ne arriveranno in futuro altri, certamente, magari più importanti di lui. Ma per ora c’è lui». Mica detto però che arrivi un nuovo Čechov. Quindi meglio approfondire questa scrittura facilmente etichettabile come post-moderna per quell’attitudine divertita e disperata di citare, riciclare, manomettere tutto e tutti. Di entrare e uscire dal patto di finzione con il pubblico e con i lettori. Di mischiare con cura i vari piani della (ir)realtà, sempre ponendo al cuore del proprio lavoro la complessità dell’uomo. E dell’autore. La presenza del drammaturgo è infatti dichiarata, esplicita ammissione di onnipotenza che assume sfumature ironiche o di sfasamento a seconda delle circostanze. Spesso con effetti scenici perentori. Un intreccio ispirato. Di forma e di sostanza. Di sperimentazione linguistica e di profondità tematica. La raccolta di Cue Press è ampiamente esaustiva. In indice si ritrovano infatti: OssigenoGenesi n.2IllusioniUfoDreamWorksUbriachiLinea solareAgitazione. Ovvero i racconti di una varia umanità alle prese coi propri limiti, la violenza, le contraddizioni, la marginalità, le droghe, la volgarità. Spesso di fronte a quell’estremismo consumistico di cui continua a ubriacarsi la Grande Madre Russia dalla fine dell’Unione Sovietica. Anche se la mancanza frequente di precise indicazioni geografiche, rivela una tensione dichiaratamente universale. Dove è un attimo ritrovarsi.

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