Dal mito all’istinto, un discorso sul metodo

Roberto Rizzente, «Hystrio», gennaio-marzo 2018.

Non ha bisogno di presentazioni, Theodoros Terzopoulos. Ospite, da qualche anno, al Vie Festival modenese, si distingue per l’originalità delle messinscene e la ferocia animalesca degli attori, entro i limiti di una geometria precisa, quasi wilsoniana, conciliando i poli della ragione e dell’istinto.

Di quell’universo misterico, Il ritorno di Dionysos svela i retroscena. Perché non è solo un orchestratore di corpi, Terzopoulos, ma anche un teorico. La sua strategia è mirata alla ricomposizione identitaria. A quell’Io regresso, unione degli opposti, eros e thanatos, che è inscritto nel profondo. Prima della fondazione del linguaggio, prima delle derive censorie della mente. Quel serbatoio di energie, dionisiaco, che, solo, può restituire all’individuo l’autenticità, oppressa, dissanguata e svilita dall’abuso odierno della tecnologia, la predilezione per il capitale, il materialismo imperante.

Quella che Terzopoulos propone è, allora, una sorta di terapia. Un ritorno agli Inferi, propedeutico alla salvezza, di cui l’attore è viatico e interprete privilegiato. Orientato per snodi tematici intorno alle parole chiave corpo, respirazione, energia, decostruzione, ritmo, improvvisazione infinita, logos, senso, tempo, lutto, fascino, attore, esercizi, il libro ricostruisce le tappe del viaggio, re-impostando da un punto di vista originale, radicato nel mito e nella classicità, il discorso sul metodo.

Il volume è corredato da un’utile introduzione di Konstantinos Arvanitakis, docente alla McGill University Canadian Institute of Psychoanalysis, e da un ricco corpus di immagini degli spettacoli di Terzopoulos, dalle Baccanti, Eracle furioso e Dionysos di Euripide ai Persiani e al Prometeo incatenato di Eschilo, dall’Antigone ad Aiace. Da La follia di Sofocle a Quartett, Mauser i Materiali per Medea di Müller, fino a Rockabye di Beckett, La signorina Giulia di Strindberg, The Last Mask di Logaras, Alarme composition, e dalla corrispondenza tra Maria Stuarda e la regina Elisabetta, ed Eremos di Michelstaedter.