E, accanto ai templi, su pendii di rocce, tra cavea e tribune, sorsero i nuovi teatri. Perché il sacro convivesse col profano

Andrea Bisicchia, «Lo Spettacoliere».

La nascita dei primi teatri in legno e, successivamente, di pietra, coincide con la nascita della civiltà occidentale, quando verrà sovvertita la concezione tribale del rito, per dare spazio, alla nascente societas, di convivere con apparati di intrattenimento sociale, per i quali saranno necessari le codificazioni delle leggi, delle religioni e anche dei teatri, concepiti come luoghi di rappresentazione e di dibattito pubblico.

A dire il vero, anche le società tribali avevano una loro idea di spettacolo, fondata sull’uso del corpo e della danza e su un ‘non spazio’, poiché questo era disignato direttamente dai loro movimenti ritmici.

Il ‘nuovo teatro’ si distinse non solo per l’uso della parola, ma anche per le forme architettoniche che utilizzavano pendii di roccia dai quali si ricavavano le tribune, la cavea, l’orchestra e la scena. Erano costruiti accanto ai templi, affinché il sacro e il profano potessero convivere in una sorta di dialettica tra il rituale e il sociale. Questi luoghi si distinsero, non certo per il prestigio della polis, ma per il senso di appartenenza a una cultura comune.

Nicola Savarese, a cui dobbiamo un fondamentale studio su Teatro e spettacolo tra oriente e occidente  Laterza, e che ha contribuito al progetto del libro, nella sua introduzione, ne elenca più di mille, di cui 881 documentati, restaurati e conservati, oltre che visibili, e ben 124 identificati e localizzati, utilizzando fonti letterarie, iscrizioni, etc. A questi vanno aggiunti 257 anfiteatri e, più o meno, 60 circhi. Si tratta di un patrimonio immenso che è anche testimonianza delle civiltà che si sono susseguite e che, pur con notevoli cambiamenti architettonici, testimoniano una forma di necessità, quella di vedere rappresentata la storia dell’umanità sullo sfondo di rivolgimenti politici, sociali, religiosi, poetici che hanno trovato, sulla scena, il luogo di divulgazione.

Vincenzo Blasi ha raccolto queste testimonianze in un volume, edito da Cue Press: Teatri greco-romani in Italia, utilizzando l’ordine alfabetico, città per città, fornendoci un dizionario di circa 250 monumenti adibiti a spettacoli teatrali, segnalando quelli già accertati, oltre quelli identificati su basi epigrafiche o letterarie. Si tratta di un libro prezioso, una specie di vademacum tra il colto e il popolare che permette al lettore di conoscere le particolari costruzioni, grazie a una puntuale iconografia sui teatri esistenti, arricchita da ‘schede’ che mettono in risalto le differenze architettoniche, oltre che estetiche. Il volume contiene una terminologia specifica e una bibliografia che riguarda le fonti cronologiche delle costruzioni. Si va da Acerra a Zagarolo, con i loro teatri, anfiteatri, circhi, odeon, con le varianti che li hanno contraddistinti, tra spazi grandi, come quello di Siracusa e spazi piccoli come quello di Palazzolo Acreide.

Parecchi di questi sono da ritenere ‘preziosi’ o ‘stravaganti’, come quelli raccolti da Michele Roberto e Liliana Chiari, riguardanti i teatri italiani costruiti dopo l’Olimpico di Vicenza, quando, tra il 1500 e il 1600, furono realizzati, su modelli antichi, teatri come quello di Sabbioneta, del Farnese di Parma, o quelli ricavati da Ville reali, da Fortezze, da Chiese o da Palazzi signorili.

Tra questi vorrei segnalare il teatro intestato a Rosso di San Secondo, di Caltanissetta, costruito all’interno del Palazzo Moncada, sorto nel 1650, su progettazione dell’architetto Carlo D’Angelo, in stile barocco, con influssi rinascimentali, dove si può ammirare una Scena Frons tutta in pietra d’epoca, una vera e propria scenografia seicentesca, con ampie finestre che Paolo Mandala ha voluto rimanesse sempre tale nella sala grande del Teatro, mentre nei corridoi si possono ammirare dei portali, sempre d’epoca, che costituiscono quella ‘preziosità’ o ‘stravaganza’ che caratterizza un simile spazio, assente dalla nostra storiografia e che meriterebbe che vi entrasse con tutti gli onori.