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Teatro delle Diversità. Quando la differenza è un valore, anche i ‘diversi’ diventano professionisti uguali agli altri
25 Agosto 2025

Teatro delle Diversità. Quando la differenza è un valore, anche i ‘diversi’ diventano professionisti uguali agli altri

Andrea Bisicchia, «lo Spettacoliere»

Massimo Bertoldi, ideatore e curatore del volume pubblicato da Cue Press: Teatro La Ribalta. Kunst der Vielfalt (arte della diversità) 2013-2023, ci ha lasciati prima di vedere stampato il suo lavoro.

È stato per anni collaboratore di Alto Adige, sulle orme di Umberto Gandini, ed ha collaborato col Teatro Stabile di Bolzano, in particolare per gli approfondimenti storico-culturali. Basterebbe leggere il suo saggio che apre il volume, dopo una premessa che ha firmato insieme ad Antonio Viganò, per capire la qualità delle sue conoscenze e della sua scrittura. Si è parecchio dedicato al Teatro La Ribalta di Bolzano che ha una sua specificità diventata, lungo un percorso decennale, sempre più professionale, ma che va ricercata in quello che viene anche definito Teatro della Diversità o Teatro Inclusivo con lo scopo di coinvolgere persone con disabilità, evitando, però, di trattarle come categorie liminali o marginali rispetto al teatro di tradizione.

C’è da dire che alla guida della Compagnia troviamo un vero professionista di teatro come Antonio Viganò che è riuscito a creare un ensemble dove convivono non-attori con attori professionisti con una espressività che non ha nulla da invidiare a quella dei professionisti.
Il lavoro di Viganò è abbastanza simile a quello di Nanni Garella di cui ho visto messe in scena esemplari, da Fantasmi ai Giganti della montagna di Pirandello, fino all’ultimo spettacolo su Pasolini, Porcile, visto all’Arena del Sole, nei quali, i suoi attori, provenienti dal reparto di igiene mentale della USL di Bologna, recitavano insieme ad attori professionisti con risultati eccellenti. La capacità di valorizzare le differenze, per promuovere l’inclusione, non è da tutti e non la si può improvvisare. Fare in modo che la diversità diventi una forza lavoro è alquanto difficile, ma Viganò, come Garella, è riuscito in maniera straordinaria.

Il volume di cui ci stiamo occupando è, quindi, molto prezioso per capire la scelta fatta da questi registi, contiene degli interventi e delle testimonianze che sollecitano un diverso discorso sulla presenza del corpo in scena, sul suo potere performativo, sulla forza della sua verità, trattandosi di un corpo fragile che, agli occhi di molti, potrebbe apparire come «un corpo eretico». Anzi, proprio a questa categoria, è stato dedicato un Festival omonimo, durante il quale, vengono rappresentati spettacoli che hanno, come denominatore comune, la devianza o il disordine sociale conseguenza della diversità.

A dire il vero, il teatro, da tempo, si occupa di questo disagio, esiste una vasta bibliografia sui luoghi di disperazione, come manicomi, carceri che sono stati luoghi di spettacoli esemplari, come quelli del Teatro della Fortezza di Volterra, diretto da Armando Punzo o quelli di Lenz Rifrazioni di Parma, con attori down, o quelli del Teatro Patologico, diretto da Dario D’Ambrosi, con dei malati mentali, diventati sempre più attori che sono andati in tournée persino in America. È chiaro che attorno a questi spettacoli ci sono anni di lavoro, durante i quali sono stati affrontati, drammaturgicamente, i temi delle disabilità cognitive e sensoriali, per i quali si sono inventati un linguaggio scenico capace di rappresentarli.

Il volume contiene l’analisi degli spettacoli realizzati tra il 2013-2023, si va da Minotaurus a Fratelli, visto al Teatro la Cucina di Milano, in occasione del Festival ‘Da vicino nessuno è normale’, a Otello Circus, di cui si può leggere l’analisi fatta da Antonio Attisani, il quale sostiene che la Ribalta più che concetti porti in scena gli affetti.
Il lavoro registico di Viganò è oggetto di studio, oltre che da Bertoldi, anche da Stefano Masotti, per il quale, Viganò dà molta importanza al corpo, da intendere come corpo poetico, argomento a cui si interessa Ugo Morelli consapevole che esista un momento in cui il sipario possa aprirsi agli «altri».
Guido Di Palma ci parla del Teatro Sociale e pedagogico, con gli occhi dell’etnoantropologo, mentre Paolo Grossi ci racconta la sua storia di attore all’interno della Compagnia.
Un ricordo affettuoso è quello di Maria Clara Pagano che fa un breve ritratto del marito Massimo Bertoldi.
Il volume contiene una notevole iconografia e le locandine di tutti gli spettacoli.