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Víctor Català signorina scandalosa
12 Settembre 2025

Víctor Català signorina scandalosa

Angelo Molica Franco, «Il Venerdì di Repubblica»

In libreria i «racconti di sangue» della scrittrice catalana che si firmava con un nome maschile

Nutrita è la legione delle scrittrici che, in passato, hanno scelto di assumere uno pseudonimo maschile al fine di pubblicare le proprie opere. Come per le altre, a convincere Caterina Albert i Paradìs – nata sulle coste della Catalogna nel 1869 – a trasformarsi in Víctor Català fu lo scandalo destato dalla sua penna. Successe nel 1898, durante il certamen dei Jocs Florals di Olot, una competizione per scoprire nuovi talenti della cultura catalana. Con il monologo La infanticida, Caterina vinse il primo premio. Tuttavia, la giuria rimase sdegnosamente interdetta, tanto da riconsiderare la vittoria, quando scoprì che era una ragazza di buona famiglia, figlia di un deputato repubblicano di provincia, l’autrice di quel testo crudo e fosco in cui una giovane contadina di nome Nela racconta di aver lanciato sotto la macina del mulino la figlia appena partorita dopo una gravidanza tenuta segreta.

E proprio la storia di Nela, che parla dal manicomio dove è rinchiusa, torna oggi a brillare di tutta la sua luce oscura nel volume L’infanticida. E nove racconti di fuoco e di sangue (Cue Press) nella nuova, plastica traduzione di Claudia De Medio, che restituisce le suggestioni brutali di un mondo rurale che puzza «di cani e sudore». Si muovono, infatti, qui pure i protagonisti degli altri racconti: vecchi mal voluti dalle proprie famiglie, uomini violenti e donne per le quali il matrimonio si rivela una dannazione. Caterina – venuta su da autodidatta nella biblioteca di famiglia – osservava queste vite grottesche e Víctor le trasformava in storie vertiginose, sempre mantenendo tale doppio binario: la vita di possidente signorina borghese, e quella di autore che dal 1901 al 1966 (anno della sua morte) diede alle stampe una ricchissima opera, tra cui spicca il romanzo Solitudine del 1905.

Un’esistenza bifronte a cui, tuttavia, Caterina sentiva di appartenere in toto, e non solo perché le piaceva indossare i pantaloni e fumare il sigaro. Oltre che scrittrice, fu pittrice assai dotata, e non a caso lei stessa mise spesso su tela la propria ambiguità in ammalianti autoritratti in cui si rappresentava ora romantica e appassionata, ora vigorosa e determinata.