Logbook

Approfondimenti, interviste, recensioni e cultura: il meglio dell’editoria e delle arti da leggere, guardare e ascoltare.

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25 Settembre 2014

L’orgoglio delle idee del Brecht regista

Fabio Francione, «Il Cittadino»

Ristampa in e-book con nuova prefazione a cura di Marco De Marinis di uno dei libri che ha portato all’attenzione del pubblico la capacità di lavoro sui testi non solo teorica di Brecht. Infatti Brecht regista. Memorie dal Berliner Ensemble, oltre a reggersi sulla riproposizione del diario che Hans Bunge (assistente di Brecht nella messinscena del Cerchio di gesso del Caucaso) redasse tra il 1953 e il 1954 e testimonianze di attori che lavorarono con lui, si sostiene sulla magnifica sapienza teatrale di Claudio Meldolesi (il più profondo conoscitore dei meccanismi della regia teatrale) e la collaborazione di Laura Olivi, dramaturg al Residenztheater di Monaco di Baviera. Il Brecht che viene fuori è un artista e intellettuale che non rinuncia alle proprie idee. Il taccuino di lavoro è fitto di ripensamenti, di un estremo interesse al dialogo e di saper comprendere che il limite dello scrittore, come del drammaturgo, è quello di lasciar liberi i personaggi creati e di non sapere dove andranno e cosa faranno.

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19 Settembre 2014

Il trionfo dell’asinità: dalla prefazione di Siamo asini o pedanti? di Marco Martinelli

Oliviero Ponte di Pino, «Ateatro»

Come i primi apologhi composti da Marco Martinelli, Siamo asini o pedanti? evita ogni facile e consolatoria certezza. Rifiuta chiavi immediatamente utilizzabili, risposte univoche. A livello comunicativo, esplora e mescola diversi livelli di realtà e alterna varie forme di comunicazione: la fantascienza (come dice la didascalia iniziale, la pièce è ambientata a «Ravenna felice, anno… più in là»), il realismo, la favola natalizia che diventa sogno e incubo, l’apologo filosofico, la satira e la tragedia, il teatro, il circo, il cantastorie… Il finale è volutamente aperto, sospeso, quasi a troncare lo sviluppo narrativo ed escludere una facile ‘morale della favola’. Siamo per certi aspetti vicini al teatro postdrammatico teorizzato da Hans-Thies Lehmann.

La ricchezza delle invenzioni, la forma aperta, frammentata, intarsiata d’innesti, fanno di Siamo asini o pedanti? un potente nucleo generativo, da cui partono linee di forza che verranno riprese e rilanciate negli anni successivi. Accanto a quelle già suggerite, c’è per esempio la ‘non-scuola’, una pedagogia basata sul cortocircuito tra sapienza e stoltezza: «Non andavamo a insegnare», spiegherà Martinelli.

«Il teatro non si insegna. Andavamo a giocare, a sudare insieme. Come giocano i bambini su un campetto da calcio, senza schemi né divise, per il puro piacere del gioco, come capita ormai di vederli solamente in Africa, a piedi nudi sulla sabbia, o nel Sud d’Italia: al Nord è raro, i più sono irregimentati a copiare il calcio dei ‘grandi’, soldi e televisione. In quel piacere ci sono una purezza e un sentimento del mondo che nessun campionato miliardario può dare. La felicità del corpo vivo, la corsa, le cadute, la terra sotto i piedi, il sole, i corpi accaldati dei compagni, l’essere insieme, orda, squadra, coro, comunità, la sfera-mondo che volteggia e per magia finisce dentro la rete. Scuola e teatro sono stranieri l’uno all’altra, e il loro accoppiamento è naturalmente mostruoso. Il teatro è una palestra di umanità selvatica e ribaltata, di eccessi e misura, dove si diventa quello che non si è; la scuola è il grande teatro della gerarchia e dell’imparare per tempo a essere società».

Dopo l’asino, sarà il turno di altri animali, a cominciare dagli Uccelli di Aristofane per arrivare alla muta di cani ululanti stipati nel sottopalco dell’Isola di Alcina (2000). Le Albe porteranno in scena nel 2000 il Padre Ubu e la Madre Ubu, creati da Alfred Jarry quando era ancora studente al liceo di Rennes: simbolo della stupidità e dell’arroganza del potere, ma anche incarnazione di una potenza sovversiva e liberatoria, Ubu segnerà a lungo il percorso del gruppo, ancora una volta dalla Romagna all’Africa.

Come drammaturgo, Marco continuerà a lanciare sguardi sull’Italia, tra grottesco e denuncia, con I Refrattari (1992) e più di recente con Pantani (2013). Come (anti)pedagogo inventerà nel 2011 Eresia della felicità, un ciclo di spettacoli – o meglio un format – che mobilita le energie di decine e decine di «bambini pieni di grazia, adolescenti sgraziati in bilico tra l’età dell’oro e l’età del grigio (per questo, forse, ancor più commoventi)», arruolati per «una creazione quotidiana sotto l’insegna della non-scuola del Teatro delle Albe. Gli adolescenti in maglietta gialla imbracceranno i versi crepitanti di Vladimir Majakovskij, scritti quando lui pure era un giovane ribelle, e sentiva la tempesta nell’aria». Rivisitando Pinocchio (2014), altri adolescenti si ritroveranno trasformati in asini. Senza dimenticare Bottom e la sua metamorfosi asinina nel Sogno di una notte di mezza estate (2002).

Quell’asino parlante e mutante continua a ragliare e scalciare. Dà forma a inedite potenzialità. Partorisce e dissemina le sue creature. Come spiega Coribante, uno dei personaggi della Cabala del cavallo pegaseo di Giordano Bruno: «Multa igitur asinorum genera: aureo, archetipo, indumentale, celeste, intelligenziale, angelico, animale, profetico, umano, bestiale, gentile, etico, civile ed economico; vel essenziale, subsistenziale, metafisico, fisico, ipostatico, nozionale, matematico, logico e morale; vel superno, medio ed inferno; vel intelligibile, sensibile e fantastico; vel ideale, naturale e nozionale; vel ante multa, in multis et post multa».

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20 Agosto 2014

Tutti i palchi portano a Parigi

Camilla Tagliabue, «Il Fatto Quotidiano»

Parigi val bene una messa in scena: con le sue centinaia di sale, le sue decine di teatri pubblici e privati, i suoi numerosi festival ed eventi, la Ville Lumière può, a buon diritto, essere considerata una delle capitali mondiali dello spettacolo dal vivo. Non a caso, la piccola casa editrice Cue Press ha deciso di lanciare una collana di Guide Teatrali, curata da Andrea Porcheddu, iniziando proprio da Parigi. La città dei teatri, a firma di Valentina Fago.

Tra prontuario turistico e bigino storico-geografico, questo gustoso libro di viaggio mappa l’intero circuito teatrale metropolitano, ramificato capillarmente in tutti i quartieri, e riporta numeri utili, informazioni di servizio e chicche per giramondo dei palcoscenici: dai calendari delle stagioni ai costi dei biglietti, dalle kermesse estive alle letture indispensabili, da orari e indirizzi alle dritte enogastronomiche per il dopo recita…

Oltre a un breve excursus storico, la guida è articolata in capitoli per arrondissement: si parte dal centro con La maison de Molière, ovvero la Comédie Française e la sua compagnia di sessanta attori permanenti, strutturata ancora secondo l’antica e aristocratica gerarchia, e si arriva al T2G Gennevilliers nelle banlieues, zigzagando per gli stabili nazionali, i café concert, i cabaret, l’Opéra e l’Odéon, il Théâtre des Bouffes du Nord e la Cartoucherie, i circhi e gli spazi underground, i centri di drammaturgia contemporanea e il Lévi-Strauss, dove assistere a canti e balli dei pigmei del Congo o alle marionette vietnamite. Ma non è tutto oro quel che luccica, neppure nella brulicante Ville Lumiére: la Francia è stata, infatti, tra i primi paesi a decentralizzare l’offerta, portando il teatro in periferia. Tuttavia, chiosa Stanislas Nordey nel suo prezioso contributo critico, l’operazione «non è riuscita, in sessant’anni, a toccare le fasce sociali basse e mediobasse. E questo lo reputo un fallimento».

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3 Marzo 2014

L’editoria digitale sbarca in Sicilia

Diego Vincenti, «Hystrio», XXVII-3

Ci sono voluti circa trent’anni. Non pochi. Ma spesso il teatro è così, mette negli scatoloni in soffitta opere che ancora molto avrebbero da dire. Non solo agli spettatori. Trent’anni si diceva, per vedere pubblicati per la prima volta alcuni lavori di Enzo Vetrano e Stefano Randisi concepiti fra il 1982 e 1987. Ovvero Il Principe di Palagonìa, Mata Hari a Palermo e L’isola dei Beati, così intrisi della terra d’origine dei due attori da essere stati giustamente raccolti in una ‘trilogia siciliana’. Idea della Cue Press, editrice digitale (ma non solo), che ha pensato bene di riprendere in mano quel periodo folle ed esilarante collocabile nel primo decennio di vita della coppia (insieme dal 1976). Prima della fondazione dei Diablogues (1995), ancor più dalla recente e fortunatissima ricerca sui classici. Una Sicilia peraltro solo ‘ricordata’, visto che all’epoca Vetrano e Randisi l’avevano già lasciata da anni. Luogo della memoria declinato in sketch, suggestioni, spunti cesellati in tre diverse cornici: il racconto storico, quello fantascientifico e addirittura una spy story. Insomma, al solito ci si confronta con un ventaglio di linguaggi teatrali, sempre in bilico fra realismo e parodia. Lettura salutare. Che riappacifica con il teatro.

Ma Vetrano e Randisi tornano indirettamente in un’altra pubblicazione, sempre per i tipi della Cue Press. Ovvero l’edizione riveduta e integrale di Totò e Vicé, il poetico testo di Franco Scaldati divenuto cavallo di battaglia dei due artisti palermitani. Per un libro che oltre a offrirsi come ulteriore materiale di studio, pare un sentito omaggio al poeta siciliano. Grazie anche ai due saggi che chiudono il volume, firmati rispettivamente da Dario Tomasello e dalla curatrice Filippa Ilardo. A testimonianza della vivacità della Cue Press, giovane casa editrice fondata da Mattia Visani, che nel proprio catalogo può già vantare lavori di Gerardo Guccini, Giuseppe Liotta, Fausto Malcovati, Claudio Meldolesi, oltre a opere dei grandi teorici del passato e testi drammaturgici.

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21 Novembre 2013

Libri di carta addio? Intervista (digitale) a un giovane editore

Daniela Arcudi, «KLP Teatro»

Sarà l’inevitabile supporto di studio del nostro immediato futuro, non c’è dubbio. L’ebook è lo strumento più agile da portare in giro e non solo, oltre che supporto ideale per lo studio di ogni genere e grado.

Il libro cartaceo, però, potrebbe comunque continuare a trovare un suo mercato, soprattutto se guardiamo a prodotti di eccellenza coltivati da alcune case editrici di valore che producono, ad esempio, piccoli gioiellini per l’infanzia, convinti che sia proprio ai nativi digitali che occorra pur sempre offrire un’alternativa a quello che sarà per loro già uno strumento d’abitudine, quotidiano: prodotti anche di alto livello che potranno offrire un’ulteriore fonte di arricchimento per il linguaggio dei più piccoli, potenziando processi cognitivi diversi rispetto a quelli stimolati dal digitale. Perché del libro cartaceo, insomma, ci potrebbe pur sempre essere voglia. O è già nostalgia?

Ma osserviamo qualche cifra. Il rapporto sull’editoria italiana redatto a ottobre dall’Associazione Italiana Editori ci racconta che nel 2012 (annus horribilis per il settore) la produzione editoriale, in Italia, è stata di 61.000 titoli (comunque tanti, troppi, se guardiamo alla qualità), con 220 milioni di copie stampate e una diminuizione generale del prezzo medio di un libro. In questo quadro sono raddoppiati i titoli digitali: a maggio 2013 erano 60.589 (ossia l’8,3% dei titoli in commercio). Nel 2012 la lettura di ebook è cresciuta, riaggiungendo complessivamente il 3% della popolazione con più di 14 anni, e interessando 1,6 milioni di italiani.

Il rapporto dell’AIE (Associazione Italiana Editori) ci dice anche che crescono le case editrici (hanno raggiunto quota 5.074 nel 2012); tra di loro c’è anche Cue Press, editoria digitale per il teatro, prima casa editrice di argomento teatrale a operare principalmente nell’ambito del digitale, nata proprio a fine 2012 a Imola. A un anno di distanza e due libri editi, chiediamo a Mattia Visani, direttore editoriale, di tracciare un bilancio di questi mesi di attività e degli sviluppi futuri.

Avete festeggiato il mese scorso il primo compleanno. Traccia un bilancio di questo anno di vita: gioie e dolori.

Cue Press è nata ufficialmente il 5 ottobre del 2012, anche se stiamo lavorando al progetto da circa un anno e mezzo. Guardando a questo percorso con distacco, è difficile distinguere in maniera così netta ‘gioie e dolori’, perché la sensazione di costruire qualcosa di solido e di valore è davvero entusiasmante. Ti ripaga delle ristrettezze in cui si è costretti a muoversi, delle giornate ininterrotte di lavoro, delle notti insonni e dall’assenza forzata dal palcoscenico, attività che in questo momento riesco a coltivare solo privatamente o nei ritagli di tempo.

Dato per assodato che l’Italia non sia paese di forti lettori e viva di congeniti ritardi, il boom degli ebook non c’è ancora stato. L’immediato futuro potrebbe però svilupparsi su due binari paralleli: gli ebook sono perfetti per lo studio, mentre a livello di ‘piacere’ il cartaceo potrebbe ancora avere delle cose da dire.

La tua affermazione ha già un sapore ‘nostalgico’ e mi pare che, negandolo, affermi quanto ormai appartiene alla coscienza di tutti: che il futuro del libro sarà nel digitale. Per quel che riguarda il mercato librario, personalmente, credo che il cartaceo scomparirà. Ciò non vuol dire che non esisteranno più libri di carta. Esiste infatti una memoria storica fatta di archivi cartacei. La carta non scomparirà tout court, ma semplicemente uscirà dall’uso. Per quel che concerne il mercato statunitense e quello anglosassone, i dati parlano di un sensibile avvicinamento tra il digitale e la carta. In alcuni casi di un sorpasso del digitale. Credo sia soltanto una questione di tempo.

Perché la generazione dei nativi digitali è ancora piccola…

L’editoria digitale è allo stadio di sviluppo 0.8. Il futuro del digitale non sarà l’e-pub, il Kobo o il Kindle (tanto per citare gli esempi più celebri), formati e tecnologie con scarse possibilità in termini strettamente editoriali, e molto rudimentali rispetto a quello che stiamo sperimentando. Proprio qualche giorno fa, la Sony ha ritirato dal mercato statunitense il suo e-reader… Si guarda al futuro. E le prospettive, in questo campo, sono davvero vaste ed entusiasmanti. Ecco invece un dato che vale la pena sottolineare: presto anche nella scuola primaria cominceranno le adozioni di libri digitali. Questo significa che nel giro di dieci anni una generazione di web nativi leggerà quasi esclusivamente in digitale e, molto tempo prima, questo tipo di lettura sarà un’abitudine consolidata tra diverse generazioni di lettori.

Molti identificano il libro come un piacere legato anche al suo lato tattile, alla nostra abitudine di sfogliarne le pagine e ‘vederlo’, insomma al suo aspetto fisico ed estetico in senso più ampio. Per questo il libro cartaceo continua a piacere agli italiani. Ma perché cartaceo e digitale devono per forza farsi la guerra?

Credo che entrare in ambito ‘sensoriale’ sia molto pericoloso, anche se considerazioni come le tue sono, oggi, molto tranquillizzanti per i lettori. Io credo che sia solamente una questione di abitudine, e che anche i ‘sensi’ siano veicolati e condizionati dalle abitudini. Ciò è testimoniato dalla storia dei supporti, prima ancora che dalla storia del costume: dalla tavoletta di argilla, passando per i segnali di fumo e Gutenberg, fino all’ipertesto per tornare al tablet: «Reinventeranno la carta» mi ha detto Nando Taviani (autore del nostro catalogo) mentre gli parlavo dell’ereader del futuro. Certo siamo tutti molto legati alle vecchie abitudini. La potenzialità del digitale, torno di nuovo alle tue parole, è già negli occhi e nella fantasia di tutti.

Per fare un paragone grossolano, l’avvento imperante della tv non ha però ucciso la radio… Gli ebook avranno comunque grandi potenzialità in ambito specialistico, rendendosi ottimi strumenti per lo studio, a ogni livello.

In questo ambito, anche in Italia, sono stati realizzati tentativi davvero rilevanti. Su queste basi struttureremo presto la nostra offerta tecnologica. Sul piano aziendale, per la prima volta dopo molto tempo, il digitale permette di costruire una progettualità sana, sostenibile, mentre l’economia del cartaceo (fatta eccezione per alcuni grandi editori) è in larga parte costruita sul debito. Insomma, le solite vecchie abitudini.

Cosa c’è dietro questo nuovo tipo di editoria? Raccontaci un po’ come avviene, nella pratica, il lavoro.

Non è semplice rispondere a questa domanda perché ogni libro ha le proprie specificità. In generale esistono due tipologie fondamentali di documenti: quelli che hanno alle spalle un file di testo editabile (.doc, .rtf, eccetera) e quelli che non sono riconducibili a questo genere di formati, libri cioè che appartengono a un’epoca pre-tecnologica. Il ‘recupero’ dei migliori testi che appartengono a questo universo è uno degli aspetti per cui si distingue la nostra offerta. A ciò si aggiungono le nuove proposte editoriali, che appartengono alla seconda tipologia di documenti. In questo caso il lavoro è molto meno impegnativo, anche se ugualmente attento e ponderato (lontano quindi dal pressappochismo con cui spesso si identifica il mondo del web), molto più simile nei tempi e nel processo a quello dell’editoria tradizionale. Fermo restando una diversa destinazione e strumenti differenti. Su questi presupposti stiamo organizzando quattro collane: saggi, drammaturgie, guide turistico-teatrali (serie diretta da Andrea Porcheddu) e testi brevi. L’idea è quella di muoverci anche verso altri ambiti della conoscenza (cinema, fumetto e altro). Il progetto è orientato, infatti, oltre che alla scalabilità anche alla riproducibilità.

Come fate a sopravvivere? Chi vi supporta?

Lo sforzo di partenza è grande e non ancora supportato dal mercato del libro digitale, che in Italia non supera il 5%. Fortunatamente stiamo trovando il sostegno di persone, aziende e istituzioni che devono essere ringraziate. Penso al Comune di Imola, alla Banca di Imola, alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna e a Con.Ami, che hanno reso possibile questa nascita. Non posso dimenticare la Biblioteca di Imola, la Staffette e soprattutto Chia Lab, che sta costruendo la nostra identità grafica e tecnica. Il Dams di Bologna è stato un importante interlocutore, tra gli altri, Marco De Marinis, Massimo Marino e Gerardo Guccini, la persona che più di tutte ha creduto in questo progetto. Voglio ringraziare anche Marco Martinelli e il Teatro delle Albe, da sempre attenti a quanto di importante avviene sul territorio regionale e tra le giovani generazioni. Poi ci sono collaboratori e amici ormai ‘storici’ come Marco Ugolini, Alice Moro, Anna Cox, Sergio Lo Gatto e altri che hanno appena cominciato a dare il loro contributo. Tutte persone di grandi qualità professionali che lavorano con me a un comune progetto. Questo, insieme al nostro patrimonio culturale, è il capitale di Cue Press.

Al momento avete alle spalle due pubblicazioni: La danza e l’agitprop di Eugenia Casini Ropa e, quest’estate, Brecht regista di Claudio Meldolesi e Laura Olivi. Cosa avete in mente per le prossime pubblicazioni?

Sarebbe un lungo elenco. Posso solo dire che tra poco cominceremo con veri e propri annunci e molte persone rimarranno a bocca aperta.

La Cue Press si prefigge anche di ripubblicare testi non più disponibili o di difficile reperibilità. Dicci una ‘chicca’ che vorresti riproporre.

Sarebbero tanti i testi e gli autori da ricordare. Insieme a quelli di Franco Scaldati, Cruciani e Meldolesi, un testo simbolico è sicuramente Il teatro e la città di Ludovico Zorzi, che Einaudi pubblicò nel 1977.

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20 Settembre 2013

La danza, l’arte, la politica

«Studio28.tv»

Eugenia Casini Ropa, critica, studiosa e storica della danza. Prima laureata del Dams di Bologna, nel 1988 scrive La danza e l’agitprop, che ha deciso di ripubblicare in formato digitale nel 2013.

Con lei parliamo della danza, del rapporto tra danza, digitale e sfera etico-politica.

Il video è frutto dell’incontro con Eugenia Casini Ropa per realizzare la rubrica BookMe di S28Mag.

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23 Maggio 2013

Cue Press: edizioni digitali per il teatro

Leonardo Bettocchi, «Leggi la Notizia»

È nato a Imola il primo progetto italiano di editoria digitale dedicato al teatro, Cue Press. A dargli vita è stato Mattia Visani, attore diplomato al Teatro Stabile di Torino e autore teatrale pubblicato dalla prestigiosa Ubulibri di Franco Quadri, che circa un anno fa ha deciso di ‘varcare la linea’ e diventare egli stesso editore. Sabato 25 maggio, alle ore 11, sarà alla Biblioteca Comunale di Imola per presentare al pubblico la sua casa editrice; interverrà assieme a lui Gerardo Guccini, docente di Discipline dello Spettacolo al Dams di Bologna. In occasione della presentazione verrà proiettato e mostrato al pubblico il primo libro digitale pubblicato: La danza e l’agitprop di Eugenia Casini Ropa. Cue Press ha il sostegno del Comune di Imola, della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, di Banca di Imola e di Con.Ami, come partner Chia Lab. Abbiamo incontrato Mattia Visani per farci spiegare meglio in cosa consiste il suo progetto.

Cos’è Cue Press?

Cue Press è la prima casa editrice teatrale a operare principalmente in ambito digitale, dico principalmente perché il cartaceo non sarà eliminato del tutto, verrà rispolverato per la pubblicazione di alcuni materiali di eccellenza. La nostra linea editoriale si muove su di un doppio binario, da un lato riproponiamo titoli difficilmente o non più disponibili, sia opere di critica che testi teatrali, dall’altro offriamo alla lettura nuove opere di studiosi e autori contemporanei.

Come è nata l’idea?

L’idea nasce da una considerazione semplice legata al mercato del libro: l’editoria così come l’abbiamo conosciuta fin a oggi non è più sostenibile, il futuro passa dalle nuove tecnologie digitali. Più o meno un anno fa abbiamo cominciato a lavorare al progetto, raccogliendo autori e titoli per valutare le possibilità di costruire un’attività editoriale, e queste risposte sono state incredibilmente positive.

Cos’ha di diverso un libro elettronico rispetto a un libro tradizionale?

I nuovi formati tecnologici non riproducono l’impostazione rigida legata alla pagina tradizionale, non sono delle versioni anastatiche di testi cartacei, ma sono fluidi e si adattano alla cornice di lettura, vere e proprie riedizioni. Un ebook offre molte più possibilità di gestione e organizzazione dei contenuti da parte dell’utente: si può scegliere il carattere del testo, ci sono strumenti per sottolineare, scrivere note, si può avviare una ricerca su Internet oppure una ricerca dentro al testo, ad esempio cercando quante volte compare una parola e dove. Le possibilità sono davvero tante, senza contare che gli stessi contenuti possono essere ampliati, laddove ce ne sia la necessità, inserendo fotografie, filmati, prefazioni, interviste o altro ancora.

L’innovazione sta nelle possibilità del digitale, possibilità offerte dal mezzo?

Con Cue Press vogliamo cambiare l’editoria tradizionale ridefinendo anche il rapporto tra autore ed editore nella direzione di un lavoro comune e di un comune profitto. Quanto detto trova una perfetta correlazione nella gestione dei diritti d’autore che proponiamo. Puntiamo a garantire diritti d’autore molto alti a fronte di minimi garantiti iniziali molto bassi se non nulli. Fare solo l’edizione ebook dovrebbe implicare costi di acquisizione molto bassi, a maggior ragione perché il progetto si propone un intento culturale meritorio, ovvero andare a recuperare o tenere in vita testi altrimenti destinati a divenire irreperibili.

Quali sono i titoli in catalogo?

Il primo titolo a essere stato pubblicato è uno studio di Eugenia Casini Ropa, La danza e l’agitprop. Il prossimo a uscire sarà, a partire da giugno, Brecht regista di Claudio Meldolesi e Laura Olivi. Il testo originale sarà integrato con nuove immagini e brani di interviste che la stessa Olivi fece agli attori del Berliner Ensemble e che non erano entrati nella prima edizione per motivi di spazio, scelte che l’editoria tradizionale era costretta a imporsi. Al momento abbiamo una quarantina di testi in catalogo, tra questi le opere di studiosi del calibro di Eugenia Casini Ropa, Fabrizio Cruciani, Marco De Marinis, Gerardo Guccini, Hans Drumbl, Lorenzo Mango, Fausto Malcovati, Ferruccio Marotti, Claudio Meldolesi, Cesare Molinari, Franco Ruffini, Nicola Savarese, Mirella Schino, Ferdinando Taviani, Ludovico Zorzi. Per quel che riguarda le opere di drammaturgia voglio ricordare i nomi di Marco Martinelli, Franco Scaldati, Marie Ndiaye, Sandro Lombardi, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, Elena Bucci e Marco Sgrosso. C’è inoltre in cantiere un progetto, di cui Andrea Porcheddu è ideatore e curatore, che prevede la realizzazione di una serie di guide turistiche dedicate alla vita teatrale di alcune città del mondo come Buenos Aires, Tunisi, Hong Kong, Parigi, Londra e tante altre ancora. L’impostazione è quella di una tradizionale guida turistica, naturalmente con una struttura adattata al formato digitale.

Dove si possono acquistare i vostri libri?

I nostri libri si possono scaricare dal nostro sito e dai maggiori store online. Attualmente ogni testo è presentato in tre formati: la nostra versione di punta gira sulla piattaforma iOS (Apple) e si trova su iTunes, poi c’è l’e-pub per tutti i tipi di utenza, distribuita su tutti i principali store online, come Ibs, Amazon, La Feltrinelli, Librerie Rizzoli, Ultima Books, Barnes & Noble, KoboBooks e altri. Infine per un’utenza meno esperta o non interessata agli sviluppi dei formati tecnologici proponiamo anche il pdf, almeno in questo momento. Dal 2014 non avremo più tre formati ma uno solo in html5, si tratterà di una nuova piattaforma che integrerà tutte le caratteristiche della nostra versione di punta più altre funzionalità.

Il libro di carta è spacciato?

Non credo di dire niente di straordinario affermando che il futuro dell’editoria è il digitale. Nel 2014 entreranno in adozione i primi libri digitali per la scuola primaria, ciò significa che nel giro di una decina d’anni tutta una generazione di ‘web nativi’ leggerà solo ed esclusivamente libri elettronici e ancor prima di quella data diverse generazioni di lettori adulti saranno coinvolte in questo processo. C’è ancora chi guarda con sufficienza al fenomeno, ma ben presto dovrà ricredersi.

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Ombra di mani
27 Aprile 2013

Teatro tecnologico

Massimo Marino, «Corriere di Bologna»

Eccolo il primo volume di una casa editrice giovane, che punta sul futuro per rilanciare la passione per una delle arti più antiche, il teatro. La Cue Press nasce a Imola, da due laureati dell’Alma Mater, Mattia Visani, formatosi al Dams, e Stefano Tura, un master in editoria multimediale. Vogliono recuperare importanti studi storici, testi di autori italiani e stranieri, agili interventi di attualità. E per questo puntano totalmente sui formati digitali, che permettono di abbattere i costi di distribuzione e di realizzare opere ipertestuali, che incrociano le parole alle immagini e (presto) a file audio e a filmati, rendendo più concreta e avvincente la lettura.

Il progetto era stato annunciato l’estate scorsa, ma ci sono voluti alcuni mesi per far uscire il primo volume e avviare la lavorazione dei successivi. Cue Press apre le sue collane con uno storico studio di Eugenia Casini Ropa, professore emerito del Dams, a lungo titolare del primo corso universitario italiano di Storia della Danza. Si tratta di La danza e l’agitprop che vide la luce la prima volta presso il Mulino nel 1988. Ora, questa storia della rivoluzione del corpo e del teatro politico agli inizi del Novecento, si può leggere su iPad e iPad mini, con alte possibilità di scorrimento, collegamento tra le parti e intertestualità, su altri lettori e pure in pdf, con minori possibilità dinamiche. Il testo è arricchito da un apparato iconografico imponente, che porta addentro a un’arte, la danza, che all’inizio del secolo scorso rompe i propri canoni e mette il corpo in relazione con la natura, alla ricerca di una verità, di un’espressione che ridia centralità al vissuto.

Il secondo volume, in preparazione, è un altro classico, firmato dal compianto Claudio Meldolesi (in collaborazione con Laura Olivi). Brecht regista ripercorre l’avventura finale del grande drammaturgo tedesco, quando a Berlino Est fonda il Berliner Ensemble, sperimentando un originale metodo di regia. Questa nuova uscita è arricchita da testimonianze degli attori che per motivi di spazio non erano entrate nella prima edizione. Sono in preparazione importanti studi da parecchio tempo indisponibili, con le illustri firme di Ludovico Zorzi, Fabrizio Cruciani, Cesare Molinari, Ferdinando Taviani, Marco De Marinis e altri tra i più valenti studiosi. Oltre a una collana con testi di Marco Martinelli, Franco Scaldati e altri autori, è in preparazione una serie di ‘guide turistiche del teatro’ dedicate a città come Buenos Aires, Londra, Parigi, Tunisi, Hong Kong, Budapest. Nel nuovo anno sarà introdotta anche una piattaforma innovativa. Ci spiega Mattia Visani: «Stiamo collaborando con Chia Lab, una società che sta approntando un sistema per rendere ancora più dinamica e meno libresca la lettura. Permette di leggere direttamente gli ebook col browser, saltando la mediazione degli e-reader. Lavorano in collaborazione con importanti editori, e noi siamo orgogliosi di essere nell’impresa».

Nel digitale Cue Press crede molto: «Per ora sembra un rischio, perché il mercato in Italia è ancora ristretto. Ma il futuro sta qui. Non a caso importanti sostenitori, come la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, la Banca di Imola o il Comune di Imola, hanno dato fiducia al nostro progetto».

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21 Marzo 2013

Tra materiale e immateriale. L’editoria digitale applicata al teatro

Sergio Lo Gatto, «Teatro e Critica»

In lingua inglese ‘cue’ significa ‘battuta, battuta iniziale, attacco, imbeccata, suggerimento’. Il termine gioca con l’omofonia tra ‘cue’ e ‘queue’ che significa ‘coda, fila di persone’. Dunque ‘cuepress’, potrà corrispondere all’esclamazione: «Fate la calca!».

Cue Press è la prima casa editrice digitale interamente dedicata al teatro. La casa editrice si muoverà su un doppio binario, andando a recuperare in e-book titoli non più disponibili o di difficile reperibilità, opere di critica ma anche testi teatrali, e proponendo allo stesso tempo nuove opere di autori e studiosi di primo piano. Non bisognerà trascurare una collana composta da testi brevi e di argomento molto specifico, di natura divulgativa e da vendere a prezzo molto basso. È un formato che sta avendo molta fortuna nell’ambito del digitale. Il cartaceo sarà rispolverato per alcuni materiali d’eccellenza e laddove ci siano le condizioni per preservare la qualità del manufatto. Il digitale permetterà inoltre di sviluppare una strategia internazionale che nel cartaceo era complessa, se non impossibile. Una parte importante del progetto editoriale sarà legata alla traduzione, anche in più di una lingua, dei testi proposti all’interno del nostro catalogo e alla loro distribuzione sul mercato estero. Viceversa, tradurremo e pubblicheremo opere straniere ancora inedite in Italia.

Il nucleo di partenza sarà composto dagli studi di Cruciani, Casini Ropa, De Marinis, Drumbl, Guccini, Malcovati, Mango, Mariti, Marotti, Meldolesi, Molinari, Puppa, Ruffìni, Savarese, Schino, Taviani, Zorzi, e altri valenti studiosi. Tra i testi drammatici ci saranno quelli di Martinelli, Scaldati, Ndiaye, Vetrano & Randisi, Bucci & Sgrosso. Tra le novità, oltre alle opere di alcuni degli autori citati, pubblicheremo alcuni scritti inediti di Sandro Lombardi. Andrea Porcheddu realizzerà una serie di guide turistiche dedicate alla vita teatrale di alcune città del mondo (Parigi, Londra, Tunisi, Hong Kong, Buenos Aires, Budapest, New York, Roma, Palermo, ecc.). L’intento è quello di coniugare il contributo e la memoria di artisti e studiosi di assoluto rilievo, garantendo una altissima qualità del prodotto.

È un’impresa pionieristica, a oggi, quella di Cue Press, casa editrice nata, dopo più di un anno, proprio in questo mese di marzo da un’idea di Mattia Visani con lo scopo di realizzare pubblicazioni di approfondimento intorno al teatro. Sull’onda delle statistiche che leggono il 2013 come l’anno di svolta per l’editoria digitale in Italia, il progetto di Cue Press prevede l’edizione in formato elettronico di importanti studi teatrali inediti o finiti fuori catalogo proprio a causa di un generale declino dell’editoria specialistica, relegata nelle aule di università e molto spesso neppure lì completamente valorizzata.

Tornano alla luce, rimessi a nuovo in una tecnologia d’avanguardia (curata dalla piattaforma Chia Lab) titoli di Casini Ropa, Cruciani, De Marinis, Marotti, Meldolesi, Molinari, Ruffini, Savarese, Schino, Taviani e Zorzi, ma il passo successivo sarà verso le drammaturgie contemporanee: Scaldati, Martinelli, a altri autori della scena italiana e straniera. Se la collana di studi teatrali mira a esplorare supporti dall’altissimo grado di interazione (notazione digitale, archivio, dizionari e glossari integrati), nel ricostruirvi attorno nuove possibilità di diffusione si vorrà imprimere al teatro dei testi una spinta, si incoraggerà l’architettura di una tradizione del presente che già vorrebbe vedersi affermata nella sua eroica elasticità. Non fissata, non storicizzata, ma aiutata nei mezzi e nelle aperture, magari attraverso un sistema di traduzione incrociata che già Cue Press ha in animo di immaginare. A far parlare il discorso su un piano pratico ci sono le statistiche, che testimoniano l’incremento – tramite le nuove piattaforme – delle vendite di ebook di fogliazione ridotta (testi brevi, piccoli manuali, saggi e raccolte di racconti), proprio quei formati che l’universo cartaceo ha più difficoltà ad affrontare, a causa dei costi vivi di stampa e distribuzione che spingono l’editore in un gioco che, di fatto, non vale la candela.

Che con l’avvento della tecnologia sarebbe cambiato il nostro modo di percepire la realtà ce l’aveva già insegnato un’intera generazione di filosofi, scrittori e pensatori, ma forse nessuno aveva davvero idea di quanto in fretta tutto potesse accadere. Se negli ultimi anni certo giornalismo (non solo quello critico), rimasto quasi del tutto orfano delle sue pagine di carta sui periodici, ha avuto modo di ricostruirsi una casa e una famiglia nell’affollata piattaforma digitale, anche l’editoria ha intrapreso questa rischiosa ma in certi casi necessaria migrazione. Il passaggio dal supporto fisico a quello digitale lo abbiamo già visto accadere, nei decenni scorsi, nell’ambito musicale, dai vinili alle musicassette, dalle musicassette ai cd, dai cd agli mp3, un processo quasi fotosintetico in grado di rideterminare, passo dopo passo, i principi della dimensione spazio senza intaccare quelli della dimensione tempo e ora un’intera casa farcita di dischi conterrebbe comunque meno musica di un lettore digitale tascabile. Lo stesso processo applicato ai libri è già completamente in atto, gli scaffali elettronici sono una realtà, in altri paesi il mercato dell’ebook può già vantare un’estensione significativa e un sorprendente corpus di nuove idee e soluzioni già sperimentate e, spalancandosi le porte della creatività, la missione di chi tenti di abitare questo nuovo contesto si basa su una corsa ad annullare la concorrenza, a batterla sul tempo, adattando a questi nuovi formati proprio quei prodotti che l’editoria stava lasciando indietro. Più aumentano i numeri delle categorie generaliste, più quelle specifiche, dedicate a nicchie di lettori ristrette, si trovano a fronteggiare una difficoltà di sopravvivenza per la quale l’emergenza stessa arriva a offrire la soluzione d’ingegno.

Ai margini dei margini, il teatro si muove tuttavia con grande vigore, i suoi linguaggi si fanno strada spingendo sempre di più verso l’annullamento di tutte quelle categorie che nei decenni scorsi li avevano imprigionati e in certi casi la visione politica e sociale dell’espressione artistica vuole indietro il proprio campo d’azione, anche grazie al ritorno della parola scritta. Tutte istanze che, nella spinta feconda di molte contraddizioni, appartengono al teatro di oggi, un orizzonte che sta tornando ad affermarsi poggiando anche su una sponda editoriale (era di qualche mese fa un articolo di Graziano Graziani che raccontava di come certa drammaturgia stia facendo ritorno nelle collane di narrativa delle maggiori case italiane). Eppure, ancora una volta, il teatro apparentemente accetta con grande difficoltà ogni immediata storicizzazione che non si dimostri al passo con i tempi e che si permetta di fissarlo. Se da un lato il fatto di poter scrivere queste e altre parole su una rivista di carta rappresenta ancora il segno quasi poetico di un invito a resistere, sotto gli occhi di chi segue la scena si compie lo spettacolo della riduzione sistematica di spazi simili a questo. E d’altronde, anche quando le frasi raggiungono una pagina stampata, si pone il problema della loro diffusione, molto (troppo) spesso limitata a un circolo chiuso, al foyer di qualche teatro, a un giro d’indirizzario; l’opportunità che il teatro ha di parlare di sé stesso è ormai questione di territorio, di quartieri culturali e, cruda realtà anche questa, di sostenibilità economica. Ed eccola di nuovo la tecnologia, che ora promette di diffondere in maniera capillare e su rinnovati supporti quel sapere che – se applicato al teatro – è più un intuire e che vorremmo si trasformasse in materiale di approfondimento, nel segno di un ragionamento socchiuso e pronto a essere riaperto in ogni momento, addirittura contro l’usura del tempo.

Nell’immaginario comune degli ‘sfogliatori’ comincia ad affacciarsi la prospettiva di un mondo parallelo, una realtà aumentata pronta a barattare la solidità del volume vero e proprio con capacità di produzione e di diffusione ancora insospettate, potenzialmente in continua crescita e di certo in linea con i passi da gigante compiuti anche in altri ambiti dall’intera società delle macchine. Il fatto che proprio ora stiano tornando di moda giradischi e vinili traccia una linea che divide non tanto le destinazioni d’uso quanto quasi i livelli di percezione. In altre parole, se si lascia che l’ingranaggio tecnologico giri le sue ruote, le domande dietro a esso resteranno le stesse: a fare il libro non è la carta, ma le parole che essa porta, e la battaglia si sposta dunque apertamente sul fronte dei contenuti. Oltretutto, come gli studiosi di oggi si affrettano a teorizzare, i libri cartacei non smettono certo di essere letti o comprati: la convivenza di materiale e immateriale è qualcosa con cui è bene familiarizzare e, mentre è già una realtà il feticismo per i dispositivi portatili, il rapporto con la rivista o con il volume di carta migrerà verso un affascinante rito di archeologia del contatto.