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Approfondimenti, interviste, recensioni e cultura: il meglio dell’editoria e delle arti da leggere, guardare e ascoltare.

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6 Ottobre 2023

Jon Fosse, la voce dell’indicibile

Alessia Rastelli, «Corriere della Sera»

«Quando scrivo, ascolto. Ascolto il silenzio e cerco di farlo parlare». Così il 17 gennaio 2021, su «La Lettura», Jon Fosse apriva le porte del suo universo letterario. E ieri la sua tenace ricerca di un senso, da raggiungere sottraendo, nella narrativa come nella drammaturgia, ha ottenuto il riconoscimento più importante. L’autore norvegese, 64 anni, è il Nobel per la Letteratura 2023. L’Accademia svedese ha riconosciuto la forza luminosa della sua prosa e del suo teatro, fatti di poche azioni e gesti essenziali, ma che non di rado rinviano ad altro, nutriti da un anelito metafisico in grado di far vivere al lettore e allo spettatore un’autentica esperienza interiore.

Ad annunciare il Premio, «per le innovative opere drammaturgiche e la prosa che danno voce all’indicibile», è stato il segretario permanente dell’Accademia Mats Malm, il quale ha raccontato di avere raggiunto Fosse al telefono mentre stava guidando nelle campagne nei dintorni di Bergen, nella Norvegia sud-occidentale, e che l’autore gli ha promesso che avrebbe proseguito con prudenza fino a casa. Il nome di Fosse — autore anche di racconti, poesie, saggi, traduzioni e libri per bambini, oltre che di romanzi e opere teatrali tra le più rappresentate al mondo — circolava già alla vigilia tra i possibili vincitori. E, infatti, «sono stato sorpreso, ma allo stesso tempo non troppo» ha commentato l’autore con l’emittente norvegese Nrk. Anche se poi ha aggiunto: «Negli ultimi dieci anni mi ero cautamente preparato al fatto che potesse accadere. Ma non mi aspettavo di ricevere il Premio oggi, anche se c’era una chance». Fosse ha poi diffuso una nota attraverso la sua casa editrice di Oslo, Samlaget: «Sono commosso e grato. È un premio alla letteratura che vuole innanzitutto essere letteratura, senza altre considerazioni«.

Una frase in cui c’è molto di lui e delle sue idee. Se nella sua opera Fosse abbraccia le contraddizioni del vivere e le domande più scottanti — la solitudine, l’ansia e l’invecchiare, la morte, il senso del tempo e dell’arte, la ricerca di Dio — resta però sempre salda la fiducia nella letteratura come strumento d’indagine sul senso ultimo delle cose. «La letteratura è immaginazione. La sua essenza ha a che fare con ciò che la separa dalla realtà, con la trasformazione della realtà, con la creazione di un universo fatto di forma e contenuto, che così, a sua volta, ti fa guardare la realtà in modo nuovo». A partire da questa visione, Fosse si era anche detto contrario a un certa recente influenza delle «politiche dell’identità» sulla letteratura; così come lontano dall’autofiction, che invece tanta fortuna ha portato a un altro norvegese illustre, Karl Ove Knausgård, allievo del neo-Nobel quando insegnava all’Accademia di scrittura di Hordaland. Negli anni scorsi Fosse ha pure spiegato di non condividere l’assegnazione del Nobel a personalità come Dario Fo e Bob Dylan, lontane dalla figura del letterato «puro», mentre in un dialogo con il «Corriere» alla Buchmesse 2019, poco dopo il Premio a Peter Handke, difese quella scelta in nome della separazione tra arte e politica.

Nato nel 1959 a Haugesund, nella regione dei fiordi, nel sud-ovest della Norvegia, Fosse ha ottenuto la residenza per meriti letterari nell’edificio reale di Grotten, a Oslo, ma si divide con l’Austria, dove possiede una casa con la seconda moglie di origine slovacca. A 7 anni rischiò di morire in un incidente, episodio che lo segnò; mentre più avanti si laureò in Letterature comparate all’Università di Bergen. L’esordio narrativo risale al 1983 con il romanzo Raudt, svartRosso, nero»); quello drammaturgico al 1992 con Qualcuno arriverà. Il titolo, ha chiarito l’autore, nacque in contrapposizione ad Aspettando Godot di Samuel Beckett: gigante al quale è stato paragonato e di cui Fosse stesso ammette l’influenza ma, proprio per questo, la contestuale esigenza di «ribellarsi, come un figlio al padre». Con il poeta austriaco Georg Trakl e lo scrittore norvegese Tarjei Vesaas, gli altri debiti letterari dichiarati. Nella vasta e poliedrica produzione di Fosse, nel 1995 arriva Melancholia: dittico di monologhi di cui è protagonista il pittore norvegese Lars Hertervig. Su intuizione di Sandro Veronesi, l’opera viene pubblicata nel 2009 in Italia da Fandango, che due anni dopo replica con la favola moderna Insonni. Nel 2006, invece, Rodolfo Di Giammarco aveva curato il volume Teatro (Editoria e Spettacolo), che contiene opere di Fosse come E la notte canta (1997) e La ragazza sul divano (2002). Una rappresentazione di quest’ultima, diretta da Valerio Binasco, principale interprete italiano di Fosse, debutterà il 5 marzo al Carignano di Torino. È invece con Settologia, impresa narrativa di oltre 1.200 pagine senza mai un punto, divisa in 7 parti, che Fosse firma probabilmente il capolavoro narrativo. In Italia l’editore è La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi che pubblicherà tutto il catalogo dell’autore: il primo libro, L’altro nome, è uscito nel 2021; il secondo, Io è un altro, che il «Corriere» ha letto in anteprima, arriverà il 10 ottobre; il terzo nel 2024. Ha detto Fosse: «È un lavoro in cui confluiscono temi e modi di tutta la mia produzione, ma in una luce nuova».

Il protagonista è Asle, un pittore anziano, ex bevitore, che conta solo sull’amicizia di un altro Asle, di fatto un suo doppio, e di un pescatore. Scarna la trama, in un paesaggio norvegese di mare e di neve. Lenta e avvolgente, mistica, la prosa. Quasi una preghiera, fatta di flashback, ripetizioni e visioni, mentre il protagonista scivola tra presente e passato, riflettendo sul senso dell’arte, della religione, della vita. Nulla a che vedere con un romanzo tradizionale. Ha spiegato Fosse: «Cercavo una prosa lenta — ha spiegato Fosse —, così smisi con il teatro, e smisi di bere. Anche se poi, alla drammaturgia, sono tornato». Per quanto rifugga dall’autobiografismo, come Asle anche Fosse è stato un bevitore e ha raccontato di avere smesso una decina di anni fa: «Non scrivo mai per parlare di me ma per liberarmene. Da questo punto di vista, la scrittura somiglia al bere. Ecco perché forse non ho mai scritto così tanto come dopo avere smesso con l’alcol. La letteratura può essere una forma di sopravvivenza». Una svolta è anche la conversione al cattolicesimo, intorno al 2012: «Da giovane ero ateo. Poi proprio la scrittura, il chiedermi che cosa la determinasse, mi ha fatto uscire dal mio confortante ateismo. Ho iniziato a credere in ciò che può essere chiamato Dio. Ora, dopo un lungo viaggio, sono un cristiano praticante». Anche in questo caso, un percorso condiviso con il personaggio di Asle. Il quale nel libro riflette: «Considerarsi cattolici non è soltanto una questione di fede, ma è un modo di vivere la propria vita e nel modo che può somigliare all’essere un artista (…), perché entrambi creano, per dirla così, una certa distanza dal mondo mentre al contempo indicano qualcos’altro, qualcosa che è presente nel mondo (…) e qualcosa di lontano dal mondo, qualcosa di trascendente». Come fa la scrittura di Fosse.

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6 Ottobre 2023

Il Premio Nobel per la Letteratura Jon Fosse e quel legame con Imola

Luca Balduzzi, «il Nuovo Diario Messaggero»

È un po’ imolese il Premio Nobel per la letteratura che l’Accademia svedese di Stoccolma ha assegnato allo scrittore e drammaturgo norvegese Jon Fosse, «per le sue opere teatrali e la prosa innovativa che danno voce all’indicibile». A pubblicare le sue opere nel nostro Paese, infatti, ha contribuito anche la casa editrice Cue Press di piazzale Pertini.

Il catalogo della casa editrice comprende tre libri dello lo scrittore e drammaturgo: Teatro, una raccolta dei suoi primi testi teatrali (Qualcuno verrà del 1992-1993, E non ci separeremo mai del 1994, e Il nome del 1995); Caldo, un altro testo teatrale del 2005; e Saggi gnostici, una raccolta di testi teorici scritti fra il 1990 e il 2000. Prima di ricevere il Premio Nobel in Svezia, in patria Fosse si è visto riconoscere i propri meriti letterari in una maniera decisamente molto particolare: nel maggio del 2011 il re Harald V gli ha concesso di vivere nella residenza onoraria di Grotten ai margini del parco del Palazzo reale, nella capitale Oslo.

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6 Ottobre 2023

Nobel a Jon Fosse. Custodire il mistero

Oliviero Ponte Di Pino, «Doppiozero»

Come spesso accade quando viene annunciato il Nobel per la Letteratura, molti intellettuali italiani, prima di buttarsi su Google, si chiedono: «Fosse chi? Ma come lo danno questo premio?». Chi frequenta i teatri dell’esistenza dello scrittore norvegese era informato almeno da una ventina d’anni, da quando cioè i suoi testi vengono rappresentati e pubblicati in Italia con una certa assiduità.

In Italia il nome di Jon Fosse è arrivato grazie alla sensibilità e alle recensioni di un «critico europeo» come Franco Quadri. E nel 2001 era arrivato a Viterbo, ospite del festival I Quartieri dell’Arte. Già all’epoca risiedeva, per meriti letterari, nella residenza reale di Grotten, a Oslo, raccoglieva premi e veniva tradotto in decine di lingue. Compreso l’italiano. Nel 2006 Editoria e Spettacolo raccoglieva un primo volume di Teatro (Qualcuno arriverà, E la notte canta, Sogno d’autunno, Inverno, La ragazza sul divano, Il drammaturgo). Nel 2012 Titivillus pubblicava Tre drammi (Variazioni di morte, Sonno, Io sono il vento, traduzione e cura di Vanda Monaco Westerståhl) e il saggio «sulla drammaturgia di Jon Fosse» di Leif Zern, Quel buio luminoso.

Fosse ha vinto il Nobel «per le sue opere teatrali e la sua prosa innovativa che danno voce all’indicibile». Nell’attuale scenario culturale il teatro non è dunque così marginale, se viene prima dei romanzi… Sono a Lecce, per l’inaugurazione del LAFLIS (Living Archive Floating Islands), nato per volontà di Eugenio Barba e di Julia Varley. Prima di trasferirsi a Holstebro, in Danimarca, Barba aveva fondato l’Odin Teatret a Oslo. A questa tre giorni leccese partecipano dunque alcuni giornalisti e artisti norvegesi. La notizia non li ha sorpresi: «Era da più di dieci anni che ce l’aspettavamo». Sono ovviamente felici, ma per loro è un atto dovuto a un grande artista.

L’eccellenza sulle scene mondiali del norvegese Fosse e dello svedese Lars Norèn ricorda la coppia composta più di un secolo prima dal norvegese Henrik Ibsen e dallo svedese August Strindberg (di cui Adelphi ripubblica in questi giorni la tormentata autobiografia Inferno, a cura di Luciano Codignola). E tra queste due coppie scandinave naturalmente giganteggia come trait d’union Ingmar Bergman. (E oggi c’è Klaus Ove Knausgaard: Fosse fu il suo docente di scrittura creativa e gli stroncò una poesia). In realtà alla drammaturgia Fosse, romanziere e saggista, ci è arrivato piuttosto tardi, per guadagnare qualche soldo. Il teatro non lo interessava, e anzi, lo irritava. Però apprezzò subito i limiti della scrittura teatrale: «Di natura, sono sempre stato una sorta di minimalista e, per me, il teatro è di per sé una sorta di forma d’arte minimalista, con molte strutture costitutive minimaliste: uno spazio limitato, un lasso di tempo limitato e via dicendo. Con mia grande sorpresa, quando la prima volta mi sono impegnato a stendere un dramma, ho scoperto che mi piaceva molto scrivere le didascalie o il dialogo, che poteva significare quanto o anche più di quello che viene detto, forse persino l’opposto di quello che viene detto, senza essere ironico. E dopo avere scritto il mio primo dramma, mi sentivo sicuro di avere scritto un buon testo, sebbene fossi assai incerto se potesse funzionare sulla scena» (Jon Fosse, Saggi gnostici, Cue Press, 2019, p. 69). Infatti per diversi anni ha praticamente smesso di scrivere romanzi. La sua scrittura teatrale, rarefatta e allusiva, si nutre della bravura degli attori e delle attrici.
A risuonare, in quelle frasi semplici, in quelle ellissi, in quei silenzi, ci sono la bellezza, la malinconia, l’orrore della vita, gli enigmi e gli abissi che custodiamo e che non possiamo affrontare direttamente senza cadere in una banalità burattinesca. La psicologia è un imbuto, una trappola di spiegazioni. La scrittura di Fosse invece sa custodire il mistero, e al tempo stesso ce lo trasmette.

L’altro straordinario punto di forza della scrittura di Fosse è la sua musicalità. Da ragazzo suonava in una band; il nesso tra la musica e la scrittura è molto forte: «Dal rock al testo, da ore a improvvisare alla chitarra a quelle dietro la macchina da scrivere, e poi alla tastiera di un pc. Suonare per ore, senza che nessuno ascolti. Solo noi della band. Quasi sempre andava così, sempre a provare, pochi concerti. Sia la mia musica sia la mia scrittura sono stati in generale per me stesso, e forse il più delle volte un tormento per gli altri» (Jon Fosse, Essay, 2011, pp. 238-39).

Sono diversi gli allestimenti italiani dei suoi testi, anche apprezzati, ma senza sfondare la bolla teatrale, tra cui Inverno, regia di Valter Malosti, con Michela Cescon, per il Teatro di Dioniso, Premio Ubi 2004 per il miglior testo straniero; La notte… canta, regia di Beno Mazzone al Teatro Libero di Palermo nel 2004; Je suis le vent, con la regia di Lukas Hemleb, con Luca Lazzareschi e Giovanni Franzoni nel 2014. È stato anche oggetto di un progetto giovane, come il Trittico allestito nel 2015 al Teatro di Roma, registi Thea Dellavalle (Suzannah), Alessandro Greco (Io sono il vento) e Vincenzo Manna (Inverno). Il jolly l’ha pescato l’ostinato Valerio Binasco, che nel marzo 2024 dirigerà Pamela Villoresi, Michele di Mauro e Giovanna Mezzogiorno in La ragazza sul divano per lo Stabile di Torino, dopo aver allestito Qualcuno arriverà (2007), E la notte canta (2008), Un giorno d’estate (2008), Sonno (2010) e Sogno d’autunno (2017).

Fosse è nato nel 1959 a Haugesund, sulla costa norvegese affacciata sul Mare del Nord. Anche la lingua dei testi teatrali non è facile: «Non è il norvegese che parlano a Oslo», spiega Franco Perrelli, autore di traduzioni e prefazioni per Cue Press, la casa editrice che più si è impegnata negli ultimi anni per far conoscere il teatro di Fosse, pubblicando Caldo (2019) e i tre testi del volume Teatro (E non ci separeremo mai, Qualcuno verrà, Il nome, 2023), oltre che i Saggi gnostici (2008). Perrelli, storico del teatro, anche lui a Lecce per festeggiare l’Odin Teatret, spiega che quella di Fosse «È una lingua che usano in campagna. È un grande scrittore, difficile da tradurre».

È stato peraltro lo stesso scrittore a interrogarsi sul complesso rapporto tra il nynorsk (il neonorvegese), la forma più diffusa della lingua, e il bokmål, più vicino ai dialetti norvegesi orientali. Il legame con la terra d’origine resta intenso: «Com’è noto, l’arte non è la massima espressione della cultura, anzi arte e cultura stanno agli antipodi: l’arte è pura materialità, la cultura è necessariamente falsa socialità, che fa sì che uno scrittore di Drammen possa essere pure di Parigi. Quando affermo che appartengo alla costa occidentale della Norvegia, corro forse il rischio di diventare ‘culturale’ all’incirca come il citato scrittore di Drammen, ma intanto non posso, se debbo essere onesto – e vorrei esserlo – affermare nient’altro che il mio posto, la mia terra, è la costa occidentale della Norvegia» (Jon Fosse, Essay, p. 320). In quella regione sono ambientati anche molti dei suoi romanzi. Senza mai essere esplicitamente autobiografici, raccontano con spietata lucidità i rapporti affettivi e i legami interpersonali, fino alle pulsioni più oscure, scavando nel profondo. In Italia tra i suoi romanzi sono stati tradotti da Fandango Melancholia (2009, dedicato al pittore ottocentesco Lars Hertervig e alla sua incapacità di vivere) e Insonni (2011).

Negli ultimi anni la sua narrativa è stata ripresa dalla Nave di Teseo. Il protagonista di Mattino e sera (2019), il pescatore Johannes, è sdoppiato in un confronto tra il sé bambino e il sé ormai avviato alla fine. E sono usciti i primi due volumi della sua Settologia, nel 2021 L’altro nome, parti I-II, e nel 2023 Io è un altro, parti III-V (2023). Del resto, il tema dell’incontro con l’altro è centrale nell’esercizio solitario della scrittura, contrapposta al «discorso», e vissuta come un’esperienza di mistica negativa: «Almeno per me, esiste un nesso, per esprimermi un po’ imprecisamente, fra ciò che altri provano in diverse congregazioni religiose (c’è pure chi afferma di provare certe esperienze nella natura), e quel che io stesso posso provare quando scrivo; in altri termini, è la scrittura che mi ha aperto la prospettiva religiosa e mi ha trasformato in una persona religiosa, e alcune delle mie esperienze più profonde possono, come ho compreso a poco a poco, essere definite esperienze mistiche. E queste esperienze mistiche sono connesse alla scrittura. Per quanto mi riguarda, né ciò di cui ho fatto esperienza della vita né ciò di cui ho fatto esperienza della morte mi ha smosso dal mio tranquillo ateismo; la scrittura invece l’ha fatto, giorni e anni di scrittura, giorni e anni totalmente a confronto con lo scritto; nei momenti felici, non a confronto, ma dentro lo scritto. È la scrittura che mi ha trasformato e ha dissolto la mia riprovevole certezza, sostituendola con un’umile sicurezza di essere consegnato all’altro e nelle mani di quel ch’è altro. Ciò che io sono, io stesso, è quindi un io nella condizione della grazia dell’uno e di quel ch’è altro» (Jon Fosse, Saggi gnostici, p. 23).

Questo atteggiamento porta con sé un paradosso. Dopo aver letto Bachtin, il teorico del romanzo polifonico, Fosse dice di essere «[…]arrivato alla concezione che il romanzo sia una specie di dialogo con il narratore, lo scrittore e il personaggio in quanto voci in uno scritto che non è espresso da una voce sola, ma da diverse simultaneamente. Nel discorso è possibile soltanto una voce alla volta, altrimenti sarebbe il caos, mentre la scrittura romanzesca rende possibile parecchie voci alla volta senza creare il caos […]. Questa pluralità conferisce al romanzo la propria voce, una voce che una volta ho definito la voce della scrittura, perché le differenti voci del romanzo compongono un’espressione […]. Il romanzo è un’espressione peculiare, essendo una voce della scrittura dalle molteplici voci» (Jon Fosse, Saggi gnostici, p. 27).

Proprio per questo la scrittura romanzesca si trova intrappolata in un paradosso che la rende inevitabilmente ironica: «Narratore e personaggio stanno in reciproca relazione dialogica; a questo dialogo prende parte anche lo scrittore e, all’interno di questo dialogo, che è reso possibile dalla scrittura, sorge l’ironia del romanzo, dove il significato appare e si dilegua in un modo che non può essere restituito oralmente e che è sospinto dall’indefinibile dinamica della scrittura» (Jon Fosse, Saggi gnostici, p. 49). L’ironia incarna insieme la nostalgia e la promessa del significato: per questo nel romanzo – e nella sua malinconia – risuona ancora la morte di Dio, ovvero del significato: «La letteratura diventa la mistica del mondo secolarizzato. Lo scrittore diventa il mistico ascetico del mondo secolarizzato» (Jon Fosse, Saggi gnostici, p. 55).

Nella lotta di Fosse con la scrittura riecheggia la dialettica con Ludwig Wittgenstein e con la frase finale del Tractatus logico philosophicus: «Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere». Forse non è un caso che l’inquieto filosofo austriaco, ormai trasferitosi a Cambridge, tra il 1913 e il 1914 abbia cercato pace in una baita su un declivio montano di Skjolden, con vista su un fiordo, dove ritirarsi a scrivere in solitudine. O meglio, come spiegava, a «occuparsi di logica, fischiettare, andare a spasso e deprimersi». Con la sua opera Jon Fosse, citando Derrida (ed evocando Beckett), dimostra che «ciò che non può essere detto, deve essere scritto».

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6 Ottobre 2023

A Imola l’editore del Nobel: «Ordinati duemila libri in un’ora»

Patrick Colgan, «il Resto del Carlino»

«Si è risvegliata un’attenzione incredibile, ci hanno ordinato duemila copie in un’ora».
Pioggia di telefonate ieri alla Cue Press di Imola, piccola e apprezzata casa editrice specializzata in cinema e teatro. Ieri è stata una giornata speciale perché è una delle poche case editrici che hanno tradotto e pubblicato Jon Fosse, l’eclettico autore norvegese vincitore del premio Nobel per la Letteratura 2023. Drammaturgo, spesso paragonato a Ibsen per importanza, romanziere, poeta e saggista, Fosse è molto noto nei paesi scandinavi e fra gli addetti ai lavori, meno – almeno fino a ieri – al grande pubblico italiano. Mattia Visani è il fondatore di Cue Press che ha pubblicato tre libri di fosse, un testo teatrale, un saggio e una raccolta di testi teatrali.

Visani, come è avvenuto l’incontro con l’opera Fosse?

Frequento il teatro e la drammaturgia e Fosse è un autore che mi è sempre interessato. E così con i nostri autori e interlocutori ci siamo detti ‘perché non lo traduciamo e portiamo in Italia?’. Con il professor Franco Perelli, ordinario al Dams di Torino, decidemmo di fare un primo progetto dedicato a Jon Fosse proprio in occasione di una messa in scena a Roma del suo testo Caldo. Però sentivamo anche l’esigenza di offrire un saggio del portato teorico del pensiero di Fosse, quindi decidemmo di tradurre anche i Saggi gnostici.

Fosse però resta un autore noto principalmente agli addetti ai lavori.

È rappresentato in Italia ma non molto, conosciuto ma non molto. Diverso in Scandinavia o in Francia, dove è riconosciuto come un autore di grande statura. Abbiamo deciso di continuare a lavorare su Fosse anche perché, bisogna dirlo, i paesi scandinavi investono molto nella promozione della loro cultura, quindi è un piacere avere a che fare con loro.

E così avete pubblicato un altro volume.

Non più di due settimane fa abbiamo lanciato la raccolta teatrale tradotta da Vanda Monaco che contiene E non ci separeremo mai, Qualcuno verrà e Il nome. Abbiamo fatto un lavoro importante, cominciato nel 2018. Se consideriamo che Cue Press compie dieci anni, metà della vita della nostra casa editrice ha visto un lavoro su Fosse.

Lo avete mai incontrato di persona?

No, ma sarebbe bello portarlo in Italia, a Bologna o a Imola.

Cosa succede quando l’autore di una casa editrice vince il Nobel?

È una giornata particolare. Abbiamo ricevuto molte telefonate, molte richieste di interviste, ordini. Si è risvegliata un’attenzione incredibile, ci hanno ordinato duemila copie in un’ora. Non le abbiamo, vanno ristampate. Speriamo che ora venga più conosciuto e letto. Non è però l’unico Nobel in catalogo…

Qual è l’altro?

Abbiamo pubblicato testi, anche inediti, di Samuel Beckett.

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5 Ottobre 2023

Jon Fosse è il Premio Nobel per la Letteratura

Cue Press è la sua casa editrice italiana

Jon Fosse è Premio Nobel per la Letteratura 2023:

Per le sue opere teatrali e di prosa innovative che danno voce all’indicibile.

La motivazione del premio richiama inequivocabilmente i testi scritti per il teatro, che ne rappresentano il fulcro.

All’epoca dell’assegnazione, Cue è l’unica casa editrice italiana a detenere i diritti di pubblicazione delle opere teatrali del neo Premio Nobel.

Per cinque anni prima del Nobel, Cue è stata l’unica a pubblicare nuove opere teatrali di Fosse in Italia e, negli ultimi quindici anni, l’unica ad aver investito in modo continuativo nel suo teatro.

Un piccolissimo contributo alla fama di un autore immensamente grande.

Tra il 2018 e il 2023, Cue ha pubblicato un corpus teatrale e teorico significativo, comprendente Caldo, E non ci separeremo mai, Il nome, Qualcuno verrà, Saggi gnostici.

A queste opere si aggiunge il più autorevole commento critico sulla sua produzione teatrale: Quel buio luminoso. Sulla drammaturgia di Jon Fosse del critico svedese Leif Zern.

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5 Ottobre 2023

Jon Fosse ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura

«Il Post»

Jon Fosse ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2023, che gli è stato assegnato dall’Accademia Svedese per «la drammaturgia e la prosa innovative che danno voce all’indicibile». Fosse è uno scrittore norvegese autore di romanzi, drammi teatrali, saggi, poesie e libri per ragazzi. Ha sessantaquattro anni, è anche un traduttore ed è molto famoso nel suo paese. In Italia non è stato molto letto finora, ma i suoi libri sono stati tradotti in più di cinquanta lingue e ultimamente ha ricevuto particolari attenzioni internazionali perché sia nel 2020 che nel 2022 è stato candidato all’International Booker Prize, un influente premio letterario per la narrativa tradotta in inglese.

I due libri con cui era stato candidato sono la prima e la terza parte di un’opera chiamata Settologia (nonostante il nome, pubblicata in tre volumi), che in Italia sta traducendo La nave di Teseo, casa editrice che negli ultimi anni ha pubblicato i libri di vari autori che, tra gli addetti ai lavori, si pensa potrebbero vincere il Nobel. Settologia è una serie di romanzi narrati con un unico flusso di coscienza, quello di un anziano pittore impegnato a finire un dipinto, e che ripensa a vari momenti della sua vita. Il 10 ottobre uscirà in italiano la seconda parte, intitolata Io è un altro. Il titolo della prima è L’altro nome. Per avere un’idea di come è scritto, inizia così (non c’è nessun punto in tutto il libro): «E mi vedo mentre osservo il dipinto con le due linee, una viola e una marrone, che si intersecano al centro, un quadro oblungo, e noto di averle dipinte lentamente con uno spesso strato di pittura a olio, che è colata, e nel punto in cui la linea marrone e quella viola si intersecano il colore si è amalgamato magistralmente prima di sbavare e penso che questo non è un quadro, eppure è proprio così che deve essere, è finito, non ha bisogno di ritocchi, penso, e devo toglierlo da lì, non voglio che rimanga sul cavalletto, non lo voglio più vedere, penso e penso che oggi è lunedì e penso che devo aggiungerlo agli altri a cui sto lavorando e che non ho ancora ultimato, sono appoggiati alla parete con il telaio rivolto verso l’esterno, tra la porta della camera da letto e quella dell’ingresso, sotto il gancio dove è appesa la borsa a tracolla di cuoio marrone, quella in cui tengo il blocco per gli schizzi e la matita, e poi dirigo lo sguardo verso le due file di quadri pronti appoggiati alla parete accanto alla porta della cucina […]».

A chi non ha mai letto nessuna opera di Fosse, Anders Olsson, il presidente della commissione dell’Accademia Svedese che si occupa del Nobel per la Letteratura, ha consigliato di cominciare con una qualsiasi delle sue opere teatrali (le ha definite tutte «estremamente accessibili») oppure con Mattino e sera, un breve romanzo sulla vita di un pescatore dall’infanzia alla vecchiaia, per poi proseguire con Settologia. Anche Mattino e sera è pubblicato in italiano da La nave di Teseo, nella traduzione di Margherita Podestà Heir, che ha lavorato e sta lavorando anche a Settologia.

In Italia parte del teatro di Fosse è pubblicato dalla casa editrice Cue Press ed è stato spesso messo in scena dall’attore e regista Valerio Binasco, direttore artistico del Teatro Stabile di Torino. Nella stagione teatrale 2023-2024, a marzo, sarà messo in scena La ragazza sul divano, con Pamela Villoresi, Giovanna Mezzogiorno, Michele Di Mauro e Giordana Faggiano; poi lo spettacolo sarà portato anche in altri teatri. Il dramma parla di una pittrice intenta a dipingere un quadro che raffigura una ragazza su un divano e a interrogarsi sulla propria capacità di dipingere. Fosse ha fatto per un periodo anche l’insegnante di scrittura e ha avuto come studente tra gli altri lo scrittore norvegese Karl Ove Knausgård, piuttosto noto in Italia (sicuramente più di Fosse), autore dell’imponente opera autobiografica in sei volumi La mia battaglia, pubblicata da Feltrinelli. Fosse compare anche come personaggio nell’autobiografia di Knausgård.

Era da più di dieci anni che il Nobel non andava a un autore scandinavo: l’ultimo era stato il poeta svedese Tomas Tranströmer, nel 2011. C’erano già stati tre premi Nobel per la Letteratura norvegesi finora, ma l’ultimo risaliva al 1928, alla scrittrice Sigrid Undset. Nel Regno Unito gli ultimi libri di Fosse sono stati pubblicati da Fitzcarraldo, una piccola casa editrice letteraria che negli ultimi anni ha «indovinato» molti Premi Nobel per la Letteratura: Svetlana Alexievich (2015), Olga Tokarczuk (2018) e Annie Ernaux (2022). Fosse era l’autore considerato favorito per ricevere il Nobel di quest’anno stando alle puntate nelle agenzie di scommesse britanniche, che potrebbero essere influenzate anche da informazioni fatte circolare da persone vicine all’Accademia Svedese.

Il Nobel è il premio più prestigioso nel campo letterario internazionale e viene assegnato dal 1901 grazie alla fondazione creata da Alfred Nobel (1833-1896), l’inventore della dinamite. Ogni anno persone e organizzazioni competenti del mondo propongono come candidati per il premio scrittori, drammaturghi e poeti che nel corso della loro carriera si sono distinti nel loro paese e all’estero su invito dell’Accademia Svedese. Nel giro di alcuni mesi una commissione dell’ente riduce il numero di nominati a cinque e infine l’intera Accademia, che è composta da scrittori, linguisti e studiosi svedesi ed è una delle organizzazioni fondate dalla monarchia svedese per la promozione delle arti, della cultura e della scienza, vota il vincitore o la vincitrice. Il Nobel per la Letteratura può cambiare notevolmente la vita di chi lo vince. Prima di tutto perché ha un alto valore economico: undici milioni di corone svedesi, cioè quasi novecentocinquantamila euro. In secondo luogo perché nei mesi successivi all’assegnazione il pubblico e le vendite dei libri scritti dalla vincitrice o dal vincitore aumentano tantissimo. Se in certi paesi i suoi libri non sono ancora stati pubblicati, l’autore può ottenere poi contratti editoriali molto vantaggiosi per concedere i diritti di traduzione. Inoltre chi vince un Nobel per la Letteratura diventa una celebrità la cui presenza agli eventi culturali e i cui interventi sui giornali diventano molto richiesti: è una ragione in più per cui chi lo ottiene ha molti nuovi guadagni, anche se comporta anche aspetti stressanti e, per molti autori, un’interruzione temporanea delle attività di scrittura. Dal 1901 hanno vinto il Nobel per la Letteratura centoventi persone, diciassette donne e centotre uomini con Fosse.

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5 Ottobre 2023

Premio Nobel per la Letteratura 2023 a Jon Fosse

Raffaella De Santis, «la Repubblica»

A Stoccolma l’Accademia svedese ha annunciato il nuovo premio Nobel per la Letteratura 2023: si tratta del norvegese Jon Fosse. Nel 2022 il premio era andato alla scrittrice francese Annie Ernaux. La porta dell’Accademia si è aperta e il segretario Mats Malm ha pronunciato in una sala immersa nel silenzio il fatidico nome del vincitore: Jon Fosse. La motivazione: «Per le sue opere teatrali e di prosa innovative che danno voce all’indicibile». La reazione dello scrittore, raggiunto da una telefonata pochi minuti prima dell’annuncio, è stata di stupore: «Sono così felice e sorpreso. Non me lo aspettavo davvero». In realtà il suo nome era nelle ultime ore tra i favoriti dai bookmaker.

Classe 1959, scrittore, poeta e drammaturgo norvegese. Profilo ibrido, come piace agli accademici svedesi, per i quali la letteratura è un attraversamento largo di territori culturali, non una macchina esclusivamente romanzesca. Fosse è lo scrittore «totale» adatto ai palati esigenti dei giurati della Svenska Akademien, l’artefice di una scrittura paradossale che attraverso le parole insegue il silenzio, ciò che non è spiegabile, né nominabile. Sul sito del Nobel si legge che Fosse ha molto in comune con il norvegese Tarjei Vesaas: «Fosse combina forti legami locali, sia linguistici che geografici, con tecniche artistiche moderniste». Tra i suoi numi tutelari ci sarebbero Samuel Beckett, Thomas Bernhard e Georg Trakl. Attenzione però a scambiarlo per un pessimista. Gli accademici svedesi fanno notare che: «Sebbene condivida la visione pessimistica di tali predecessori, non si può dire che la sua particolare visione gnostica si traduca in un disprezzo nichilista del mondo. Anzi nel suo lavoro c’è un grande calore e humour e nelle sue crude immagini dell’esperienza umana c’è un’ingenua vulnerabilità».

Anders Olsson, poeta e presidente della Comitato Nobel incaricato di scegliere la shortlist dei finalisti, ha detto subito dopo l’annuncio che Fosse ha la capacità di toccare i nostri sentimenti più profondi, «ansie, insicurezze, domande sulla vita e sulla morte». La sua vittoria evoca quella di un altro genio poco ortodosso, Knut Hamsun, incoronato nel 1920. Scorrendo nella lista di premi ricevuti da Fosse, se ne rintraccia uno assegnato dall’Accademia svedese nel 2007. Certo per il Nobel era un’altra era geologica, prima dello scandalo che lo ha travolto nel 2018 e del nuovo assetto attuale. Nuovi giurati, nuovo corso.

La Norvegia nella sua storia ha vinto tre volte, l’ultima nel 1928 con Sigrid Undset. Quella di Fosse è la quarta vittoria a quasi un secolo di distanza. L’esordio letterario di Fosse è nel 1983 con Red, Black. Da quel momento Fosse smette di scrivere per il teatro per dedicarsi alla letteratura. Si deve alla Nave di Teseo la pubblicazione in Italia di recente di un paio di suoi lavori magistrali, Mattino e sera e L’altro nome. Settologia 1-2, opera fiume che prevede sette parti radunate in più volumi per un totale di oltre millecinquecento pagine. In Italia possiamo leggere al momento solo le prime due parti della Settologia, tradotte in italiano da Margherita Podestà Heir. Protagonista un pittore, Asle, che vive isolato su un fiordo della Norvegia occidentale accontentandosi di un’esistenza frugale e solitaria. Romanzo che procede per flashback, squarci che illuminano la vita di Asle. Una scrittura asciutta, che guarda al teatro, mai un punto, solo virgole. Pare non ci siano punti neanche negli altri volumi della serie.

La pubblicazione del secondo libro della Settologia (parti III e IV) per La Nave di Teseo esce in libreria il 10 ottobre col titolo Io è un altro, che evoca la fortunata citatissima formula di Rimbaud. Una Elisabetta Sgarbi commossa ha sintetizzato così in una intervista a caldo sul Libraio.it il romanzo-mondo di Fosse: «Racconta cosa significa essere vivi […] è un grande romanzo sul doppio, sull’arte e sulla morte». E ha ricordato che Fosse è stato acquistato dalla Nave di Teseo grazie all’agente letteraria Barbara Griffini. La scrittura come forma di preghiera laica, terra che con le parole rincorre il silenzio. Tra i pittori preferiti di Fosse c’è Rothko.

Tra gli altri titoli di Fosse tradotti in italiano ci sono: Melancholia (Fandango); Insonni (Fandango); Saggi gnostici (Cue Press); Caldo (Cue Press). Piccola curiosità: Fosse è un ammiratore dello scrittore australiano Gerhald Murnane, del quale ha tradotto in norvegese il romanzo The Fields (Le pianure). Che fossero entrambi tra i favoriti a questo Nobel disegna un campo di immaginazione letteraria preciso: la scrittura come necessità che non risponde ad esigenze commerciali ma è animata da un’ansia di conoscenza totale e destinata alla sconfitta. Sarà rimasto male Karl Ove Knausgard, altro autore di opere inarginabili, che da anni appare e scompare dalla top ten dei papabili. Tra l’altro i due condividono la stessa traduttrice in lingua italiana, Margherita Podestà Heir.

Fosse è considerato un gigante, i suoi lavori sono tradotti in quaranta lingue nel mondo. Vive nella residenza onoraria di Grotten, a Olso, datagli in affido dal re di Norvegia per i suoi meriti in campo letterario. È nato nel 1959 a Haugesund, villaggio della costa occidentale norvegese, ed è cresciuto a Strandebarm, sul fiordo di Hardanger.

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Jon fosse1
5 Ottobre 2023

Il Nobel per la Letteratura va al norvegese Jon Fosse: «Sono sorpreso, ma non troppo»

Emanuela Minucci, «La Stampa»

Il Nobel per la letteratura è stato assegnato a Jon Fosse, 64 anni, scrittore e drammaturgo norvegese noto per il suo stile minimalista e lirico. Il quale, come primo commento, ha detto: «Sono sorpreso, ma non troppo». Le sue opere in Italia sono pubblicate da La nave di Teseo. La motivazione: «Per la sua prosa innovativa, che ha dato voce a chi non l’aveva».

Chi è Jon Fosse

Scrittore estremamente prolifico, classe 1959, autore di romanzi, teatro, saggistica, libri per bambini, Jon Fosse è conosciuto e apprezzato, in Italia, soprattutto come drammaturgo e, sebbene siano poche le opere tradotte, vi si riconosce quella continuità che egli stesso conferma di cercare. Tutti i suoi testi, infatti, a suo dire, parlano al di là dei generi, si adattano reciprocamente, si sviluppano l’uno nell’altro scambiandosi i temi e andando a formare un’unica grande opera. Nella parte più francamente saggistica, Fosse riconosce l’influenza fondamentale di Heidegger, la cui filosofia cercava di descrivere «l’esistenza», così come Fosse – tra i migliori del tardo modernismo europeo – cerca di cogliere la struttura fondante della vita.
Esordì nella scrittura nel 1983 ed è appunto reputato tra gli autori più significativi del teatro contemporaneo. Ha sperimentato diversi generi, dal racconto alla poesia, dalla saggistica ai libri per l’infanzia.
In un panorama letterario come quello norvegese, piuttosto dominato da un certo realismo spesso focalizzato sulle relazioni familiari, la scrittura di Fosse rimane piuttosto unica, se non perfino isolata. Profondamente poetica è la sua ricerca di ciò che è difficilmente esprimibile, della melodia nelle parole. Chi lo paragona a Ibsen si limita a accostamenti puramente geografici e nazionali, l’ispirazione letteraria più evidente – e anche dichiarata – è invece quella di Beckett: forse più nelle opere passate, tuttavia, mentre di recente si è fatto più forte il suo mettersi in rapporto con la tradizione attraverso l’inserimento nei testi di elementi formali e tematici della letteratura classica. Un giovane stregone nel 2019 è stato pubblicato dalla Nave di Teseo.

La vita

Nato il 29 settembre 1959 a Haugesund, un piccolo villaggio sulla costa occidentale norvegese, crescendo poi a Strandebarm, sullo spettacolare fiordo di Hardanger. Si è laureato all’Università di Bergen in letteratura comparata e da allora ha iniziato a dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, insegnando a lungo all’Accademia di scrittura di Hordaland. Oggi vive nella residenza onoraria di Grotten, a Oslo, concessagli dal re di Norvegia per i suoi meriti letterari che lo hanno reso famoso a livello internazionale. Fosse è uno scrittore incredibilmente prolifico e un intellettuale poliedrico, tra le voci più significative della drammaturgia contemporanea, tanto da guadagnarsi il soprannome di «Samuel Beckett del XXI secolo». Ha esordito nella scrittura nel 1983 con il romanzo Raudt, svart (Rosso, nero), sperimentando successivamente generi e stili eterogenei, quali la narrativa breve, la poesia, la saggistica e la letteratura per l’infanzia. Le sue opere sono state tradotte in oltre 40 lingue, compreso l’italiano.

I primi riconoscimenti

Già agli inizi degli anni Novanta a Jon Fosse arrivano i primi riconoscimenti, soprattutto per i suoi racconti per l’infanzia; nel 1996, oltre a ricevere diversi premi per le sue opere in prosa, vince per la prima volta il prestigioso Premio Internazionale Henrik Ibsen (lo vincerà nuovamente nel 2010); da allora, la sua attività artistica è stata costantemente accompagnata da una ricca messe di riconoscimenti, che lo portano ad aggiudicarsi, tra gli altri, il Nynorsk Literature Prize, lo Swedish Academy’s Nordista Pris, il Premio Ubu, l’European Prize for Literature. Nel 2005 viene nominato Commendatore dell’Ordine reale norvegese di Sant’Olav e nel 2007 la Francia gli conferisce l’Ordine Nazionale al Merito. Nel 2015 l’Università di Bergen, che lo vide giovane laureato nel 1987, gli ha attribuito il dottorato honoris causa e nello stesso anno ha vinto il Nordic Council’s Literature Prize. Nel 2016 è stato insignito del Premio Willy Brandt, che ha sancito il successo di Fosse in Germania, dove è ampiamente tradotto e dove registi di primo piano, come Thomas Ostermeier, lo hanno più volte portato sulle scene con grande sensibilità e successo. I suoi testi teatrali sono stati messi in scena in tutto il mondo, affermandosi come autore di opere di struttura frugale che danno voce, con lucida analisi, al disagio che scaturisce dalle barriere comunicative poste tra gli uomini e le donne della nostra epoca, tra figure d’età diverse, tra persone disunite da vincoli famigliari, tra soggetti vivi e ombre.

L’esordio nel dramma

Già nel suo primo dramma Nokon kjem til å komme(Qualcosa sta per arrivare, 1992-93) è compiutamente espressa la cifra stilistica di Fosse, caratterizzata da una scrittura scarna e spietata, pronta a cogliere tutte le contraddizioni del linguaggio e delle reti relazionali, indagando temi quali la labilità della comunicazione, il divario generazionale e la precarietà dei rapporti familiari e di coppia. Autore del poderoso dittico sul pittore norvegese ottocentesco Lars Hertervig Melancholia (1995-96; traduzione italiana da Fandango Libri nel 2009), tra i romanzi più famosi di Fosse spicca Insonni (Fandango Libri 2011), una favola moderna dai toni dolci in cui i piccoli protagonisti, due creature simili all’Hansel e Gretel della fiaba, assistono impotenti alla crudeltà del giudizio con il cuore ancora pieno di speranza per quel miracolo che è la vita. Come autore di intensi drammi, tra i numerosi altri figurano Natta syng sine songar(1998; traduzione italiana con il titolo E la notte canta da Editoria e Spettacolo nel 2002) e Eg er vinden (2007; traduzione italiana Io sono il vento da Titivillus nel 2012; nello stesso volume compaiono anche Variazioni di morte e Sonno). Il volume Teatro di Jon Fosse (Editoria e Spettacolo, 2006) raccoglie sei drammi: Il nome(1995), Qualcuno arriverà(1996), E la notte canta(1998), Sogno d’autunno (1999), Inverno(2000), La ragazza sul divano (2002).
Tra i suoi lavori più recentemente pubblicati in Italia figurano Morgon og kveld(2000; Mattino e sera, La nave di Teseo 2019) e il monumentale progetto letterario Det andre namnet: septologien I-II(2019; L’altro nome: settologia I-II, La nave di Teseo 2021).
In italiano sono apparsi anche Saggi gnostici(a cura di Franco Perelli, Cue Press, 2018) e Caldo(Cue Press, 2018).

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Fosse portrait
5 Ottobre 2023

Jon Fosse. Quattro libri per conoscere il Premio Nobel per la Letteratura 2023

Federico Vergari, «Wired»

Il vincitore del Premio Nobel per la Letteratura 2023 è il norvegese Jon Fosse (il centoventesimo della storia, il quarto norvegese). Scrittore a tutto tondo, principalmente di romanzi e drammi teatrali, ma anche di saggi, libri per ragazzi e poesie. Fosse si è aggiudicato il premio dell’Accademia reale svedese «per le sue opere teatrali e di prosa innovative capaci di dare voce all’indicibile». L’autore sessantaquattrenne non era tra i nomi più forti in lista per il premio, ma tra gli addetti ai lavori nelle ultime ore l’idea di una sua possibile vittoria aveva iniziato a farsi sempre più concreta, fino a diventare realtà al momento dell’annuncio: alle 13 di oggi, giovedì 5 ottobre. Una curiosità: sulla home page del sito ufficiale del Premio Nobel è presente un sondaggio per chiedere ai visitatori se hanno mai letto qualcosa di Fosse. Nel momento in cui sta andando online questo pezzo solo il 12% delle risposte è affermativa. Fosse è pubblicato in Italia da La Nave di Teseo e Cue Press e di seguito consigliamo una guida minima alla lettura per chi vorrà per imparare a conoscere meglio Jon Fosse.

Saggi Gnostici

Un libro non facile, ma forse quello da cui bisognerebbe cominciare. Una raccolta di testi teorici di Fosse (tradotti e curati da Franco Perrelli) per conoscere le opere del Premio Nobel pubblicate tra il 1990 e il 2000, il periodo in cui il suo pensiero e la sua scrittura si sono sempre più affinate fino a diventare – per molti – una vera e propria forma d’arte intima, mistica e autobiografica. Col senno di poi un lavoro da leggere come una sorta di manifesto programmatico del suo operato intellettuale, letterario e teatrale.

Mattino e sera

Si tratta del libro – edito nel 2019 – che gli è valso la definizione di erede di Beckett da parte del «New York Times» e che racconta i due momenti estremi della vita. La nascita, cioè il mattino, e la morte, cioè la sera. Come un continuum della stessa giornata, il racconto diventa una lettura dell’esistenza che tra i picchi alti e bassi galleggia nel mare della normalità. Tra i pensieri di un padre che vede nascere un figlio e quelli di un vecchio uomo che affronta il suo ultimo giorno di vita. Un libro che riesce a parlare a tutti e che attraverso una scrittura dettagliata, ma al tempo stesso semplice, disegna un manifesto di intenti dell’autore. Estremizzando, potremmo dire che Mattino e sera non è altro che la definizione di vita per Fosse.

L’altro nome. Settologia vol. 1-2

Un grande classico della letteratura: il gioco di specchi che vede fondersi due protagonisti. In questo caso si tratta di Asle ed Asle, due personaggi diversi, con lo stesso nome e che di fatto non sono altro che una diversa versione della stessa persona. Entrambi artisti, il primo anziano, vedovo e intento a rimuginare sulla vita e la sua storia. Il secondo, invece, conduce un’esistenza solitaria con la bottiglia di alcol come unica compagna di vita. Questo continuo rimando tra i due Asle diventa un escamotage per interrogarsi sulle grandi questioni che da sempre affliggono l’uomo: la vita, la morte, il semplice esistere.

Io è un altro. Settologia vol. 3-5

In uscita dal 10 ottobre, mai tempismo fu più azzeccato per un Premio Nobel per la letteratura, Io è un altro. Settologia vol. 3-5 è una sorta di seguito del precedente L’altro nome. Settologia vol. 1-2. I due Asle come dei viaggiatori dello spazio-tempo si incontrano per la prima volta e noi li osserviamo. Li guardiamo conoscersi, confrontarsi, osservarsi per poi prendere – ognuno – la propria strada. Io è un altro torna indietro nel tempo e ci mostra l’inizio delle due vite. Gli amori nascere, le passioni sbocciare, i vizi crescere. Un libro che guarda avanti portandoci indietro. Là dove la storia raccontata nel precedente lavoro, di fatto, comincia.

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